In strada verso la regione montuosa. Omelia alla Giornata dell’Amicizia 2021

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Lo scorso mercoledì 2 giugno, è stata celebrata la tradizionale Giornata dell’Amicizia a Boca, l’appuntamento che vede riunite le associazioni e i gruppi parrocchiali della pastorale della salute della diocesi di Novara.


In strada verso la regione montuosa
Giornata dell’Amicizia per i malati e gli operatori della pastorale sanitaria
02-06-2021
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Quest’anno il programma, ancora segnato dalle limitazioni per la pandemia, si è limitato alla celebrazione eucaristica, presieduta da mons. Franco Giulio Brambilla.

Di seguito il testo integrale della sua omelia

 

In strada verso la regione montuosa

Giornata dell’Amicizia per i malati e gli operatori della pastorale sanitaria

1. Mettersi in strada

 “In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta”.  (Lc 1,39-40)

Mi ha sempre colpito l’inizio del Vangelo della Visitazione, perché come è narrato nel brano di Luca, Maria, nonostante sia ormai in attesa di Gesù, non esita a mettersi in cammino e si muove per andare dalla cugina, anch’essa nella stessa condizione, ma avanti di sei mesi. La Vergine non adduce come scusa per restare a casa la propria condizione di gravidanza. Quando un’altra persona è nel bisogno e quando quel bisogno ha il nome della vita che sta sbocciando, Maria si mette in strada per andare a trovare la cugina Elisabetta. Questa scena ha impressionato e ispirato anche molti pittori – tra questi, per esempio, Tanzio da Varallo/Antonio d’Enrico (1582-1633), discepolo di Gaudenzio Ferrari, che a Vagna nei pressi di Domodossola ci ha lasciato una bellissima rappresentazione della Visitazione – perché quell’incontro è considerato da sempre la grande icona della carità. Quella carità che attrae come un magnete, quando c’è la vita da sostenere e che ci fa mettere in strada. Non è una strada facile, perché per andare da Nazareth verso la Giudea si deve percorrere una strada montuosa, come specifica anche il testo (“… verso la regione montuosa”).

Un paio di anni fa, con un gruppo abbiamo percorso lo stesso cammino da Nazareth, attraverso la Samaria e poi verso la Giudea, e abbiamo potuto constatare quanto sia veramente impegnativo. Oggi è ancor più impressionante, perché è il luogo dove abitano gli arabi, non proprio i Giudei, compressi anche in una situazione di estrema povertà e miseria.

Maria dunque si mette in strada verso la regione montuosa. L’immagine del mettersi in strada esprime anche per noi oggi la bellezza del momento che riviviamo ogni anno qui al Santuario di Boca, luogo che è divenuto un po’ il punto di riferimento della Diocesi per l’incontro con le persone malate e ferite nell’anima. È per questo che anche noi ci siamo mossi, ci siamo messi in strada.

È singolare il fatto che almeno tre dei nostri santuari diocesani si caratterizzino per avere come riferimento il sangue: la Madonna del Sangue di Re, la Pietà di Cannobio e qui a Boca il Crocifisso. Veniamo a questi luoghi che ci richiamano ciò che minaccia la vita, ciò che la rende vulnerabile: quest’anno il nostro appuntamento avviene addirittura con una caratteristica singolare – gli altri anni era bello vederci insieme alle persone anziane malate, aiutate dai medici e dagli infermieri, chiamati anch’essi a vivere un momento di riposo e una pausa di riflessione e gli uni aiutavano gli altri – perché improvvisamente ci siamo sentiti tutti più vulnerabili, persino i giovani hanno avvertito la minaccia di questo male invisibile che può ferire tutti! Noi dobbiamo andare in soccorso là dove la vita si rivela fragile, ma che però cerca di farsi strada, cerca uno sbocco, anche se va verso la montagna.

2. In fretta

La seconda cosa che mi ha colpito dell’inizio di questo brano, e che in genere è illustrato nelle rappresentazioni della Visitazione, è l’indicazione “in fretta”. Maria era incinta e avrebbe potuto muoversi con calma, ma nel vangelo di Luca tutti gli annunciatori vanno in fretta: gli angeli, i pastori, i primi discepoli… tutti in fretta, senza interporre un tempo morto. Anche noi dobbiamo dire grazie a coloro – alcuni forse sono qui – che hanno vissuto questo lungo drammatico periodo di un anno e mezzo, mentre curavano e si prendevano cura dei contagiati da Covid e non solo.

Questa mattina un caro amico, la cui moglie lavora al San Raffaele di Milano e che giudica questo tempo con accenti ancora gravi e preoccupati, mi ha raccontato della drammaticità di questa situazione, soprattutto di quei medici che hanno avuto a che fare con i malati di Covid. Essi ricordano soprattutto gli sguardi, gli occhi dei malati, che cercavano una parola di vicinanza, di prossimità, di sostegno, di fiducia. Spesso sono diventati loro i sacerdoti chiamati in quel momento a sostenere la speranza e la fiducia. Tutti coloro che se la sono cavata e sono tornati guariti, attestano questa presenza di consolazione e speranza…

3. Il saluto

L’ultima parola che sottolineo, è già stata commentata altri anni, e quindi faccio solo un richiamo.

“[Maria] entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (Lc 1,40). 

Ho già fatto notare che lo stesso saluto dell’angelo nel momento dell’Annunciazione, in questa scena si ripercuote su Elisabetta, e poi nel suo grembo, perché il bambino sussulta quando sente il saluto di Maria e una terza volta l’evangelista racconta del saluto che tocca l’orecchio della cugina. È suggestiva questa successione di saluti: il saluto dell’angelo che annuncia la presenza del Signore nel grembo di Maria diventa il saluto che si trasmette, con una sorta di effetto domino, in questo episodio, diventando generatore di vita e di carità. Questa è la parola che tutti noi abbiamo bisogno di sentire, come una carezza – per me pure che ero abituato a fare tante carezze ai miei bambini diversamente abili che capiscono solo il linguaggio del contatto con la mano – come il saluto degli occhi, il dono di un sorriso, il saluto che porta una buona parola, il saluto del tempo donato, vale a dire tutte quelle forme con cui ci salutiamo.

Mentre ci salutiamo usiamo talvolta una strana espressione: una persona che ci saluta, si rivolge a noi con l’abituale domanda: “Come stai?” e noi rispondiamo subito: “Benissimo”. Ma da lì in avanti cominciamo a raccontare i nostri mali! Quel “benissimo” non è esattamente un’infor­mazione sul nostro stato di salute fisica o psichica, ma è una specie di aggancio, di collegamento con l’altro, per comunicargli il nostro desiderio che ci stia vicino, che non ci abbandoni, che si faccia prossimo a noi. Ha la funzione di istaurare una relazione, di iniziare il colloquio, di favorire la parola, la vicinanza, la prossimità.

La vera differenza, il discrimine tra la religione cristiana e tutte le altre religioni è che nella religione cristiana, Dio si avvicina all’uomo e si fa prossimo! Tutti ricordiamo l’episodio del Buon Samaritano (Lc 10,25-37)! Nel racconto vengono attribuiti al Buon Samaritano quattro verbi-azioni. I primi due sono propri del Dio dell’Antico Testamento e si trovano anche in altre religioni: lo vide, ne ebbe compassione (fu misericordioso) – anche i mussulmani attribuiscono a Dio i titoli di grande e misericordioso – sono i verbi di un Dio che viene percepito, che ci guarda con un atteggiamento di benevolenza nei nostri confronti. Ma gli altri due verbi specificano il buon samaritano come colui che si accostò (lo toccò), si prese cura delle sue ferite. Accostarsi e farsi prossimo sono i due verbi che sono generalmente riferiti a Gesù, sono verbi cristologici. Allora è questo ciò che noi possiamo dare, questo è il contenuto del nostro saluto.

D’altra parte noi conosciamo bene qual è il saluto dell’angelo: “Rallegrati, piena di grazia il Signore è con te!” (Lc 1, 28). In greco suona come un gioco di parole “Χαῖρε, κεχαριτωμένη, ὁ κύριος μετὰ σοῦ. con il quale si dice che la gioia del Signore si è fatta vicina, ha riempito, in tal modo Maria che l’ha colmata di grazia, che ha generato in lei il Signore della vita, e non la vita, ma il Signore della vita! È il Signore che rimane sempre con lei, con noi tutti, con la Chiesa, il mondo.

Questa sera ritorneremo alle nostre case e alle persone che ritroveremo potremo dire che oggi da Boca siamo tornati con una marcia in più, che insieme ci siamo potuti rigenerare per tutto l’anno. Speriamo che il prossimo anno, noi e le associazioni di aiuto agli ammalati e agli anziani, possiamo riprendere le nostre attività, anche se ho sentito parlare di tanti interventi per cui si può dire che in quest’anno nessuno sia stato abbandonato o dimenticato.

Ringraziamo tutti “i samaritani della porta accanto” – e sono stati molti – che non amano mettersi né sui social media, né su Facebook o Twitter, e neanche compaiono a beneficio della foto sui giornali, ma sono quelli che noi portiamo nel cuore! Grazie.

+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara