I DONI DELLO SPIRITO

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Omelia nella veglia di Pentecoste
26-05-2012
Vorrei all’inizio richiamarvi due segni. Il primo è l’evangeliario con cui siamo stati benedetti dopo la lettura del Vangelo: è arrivato oggi, dono dell’arcivescovo cardinal Dionigi Tettamanzi, un dono che ha fatto alla chiesa di Milano prima di salutarla, illustrato da opere di sei artisti moderni. Me ne ha donato una copia, molto preziosa, per il Duomo di Novara. Ve n’è anche una copia per le parrocchie di rito ambrosiano della nostra diocesi.
Il secondo segno che volevo ricordarvi questa sera è una mancanza: la veglia di Pentecoste è l’ultimo giorno di una novena che è tra le meno sentite nella coscienza media del popolo cristiano, rispetto a quella natalizia e a quella pasquale. In realtà, nella Bibbia è la novena per eccellenza che svetta nella veglia in attesa del dono dello Spirito. Certo la veglia pasquale ha tutta una tradizione che parte dai primi secoli, ma questa è descritta nella prima pagina degli Atti degli Apostoli, quando le ultime parole di Gesù prima di salire al cielo raccomandano di rimanere in attesa dello Spirito. Così che la prima icona della Chiesa non è quella del capitolo 2 del Libro degli Atti, quando la chiesa è scossa dal fuoco, dal terremoto, dal vento dello Spirito, ma la prima grande icona della Chiesa con al centro Maria si trova nel primo capitolo, dopo la ricostituzione dei Dodici con l’elezione di Mattia. È la Chiesa che attende in preghiera attorno a Maria, è il grembo orante dell’accoglienza che fa spazio alla venuta dello Spirito.
Noi questa sera siamo qui in attesa, per fare spazio, per accogliere lo Spirito del Signore Gesù. Questa è la prima forma della chiesa e sarà anche l’ultima forma ecclesiale, quella escatologica. Quella che i teologi chiamano la Chiesa mariana, cioè la Chiesa al cui vertice sta la carità. Una carità che è fatta non solo come gesto del servizio, ma che, a partire dal gesto del servizio, è plasmata dal legame fraterno, che fa spazio al dono dello Spirito. Per spiegarvi questo, voglio dirvi tre piccole grandi cose.