Carissimi,
siamo qui attoniti, feriti e con nel cuore un dolore indicibile di fronte alla terribile tragedia che si è abbattuta sul piccolo Leonardo. Una vita appena sbocciata, indifesa, bussava alla porta del mondo per avere una casa e invece ha trovato miseria e violenza umana. Ci uniamo con le lacrime, l’amore e la preghiera, invocando la pietà umana e la misericordia di Dio su chi non ha saputo accogliere il sorriso e la gioia di un bimbo che chiedeva soltanto di vivere. Tutta la città di Novara si stringe con un unico cordone d’affetto quasi per arginare l’onda di male che ci trafigge il cuore e sembra minacciare ciascuno di noi, lasciandoci nella paura e nello sconforto.
Carissimi, non abbiamo timore, teniamoci per mano, preghiamo insieme, invochiamo la forza del Signore, perché ogni giorno diventiamo portatori di vita e non distratti consumatori di cose: questo tempo, il nostro tempo, sta tornando ad essere come il mondo antico, dove le donne e i bambini erano una proprietà del padrone di casa e, quando non servivano più, venivano eliminati. Su questa scena è entrata la parola di Gesù come un canto di liberazione: «lasciate che i bambini vengano a me…» (Mc 10,14). Sì, dobbiamo lasciare che i bimbi vadano da Lui, non sono nostra proprietà, ci sono dati in dono. Noi siamo servitori della vita, dobbiamo tenerla in grembo con tenerezza, amarla con rispetto, custodirla con grazia, farla crescere con fiducia.
Siamo qui, Signore, davanti a questa piccola teca in cui dorme il corpo martoriato di Leonardo. Per non lasciarci solo sgomentare da questa tragedia dobbiamo raccogliere il gemito che viene da quel corpo, perché solo così è possibile comprendere la parola di Gesù che libera e consola. Che cosa ci dice Leonardo, che cosa non è riuscito a dire a chi gli stava vicino? Il piccolo Leonardo ci dice almeno due parole, a cui risponde il comando di Gesù: Lasciate che i bambini vengano a me… [prosegui la lettura nel PDF allegato]