Venerdì 3 marzo, nella parrocchia di Sant’Andrea a Novara, il vescovo Franco Giulio ha presieduto la messa di ringraziamento per la dichiarazione di venerabilità di Madre Margherita Maria Guaini fondatrice delle Missionarie di Gesù Eterno Sacerdote.
Ecco il testo integrale.
“È tempo di gioia, perché Cristo ci ha redenti”
Messa per Madre Guaini
Sono passati solo sei anni da quando il 7 maggio 2016 a Varallo abbiamo chiuso la fase diocesana della causa di beatificazione e in seguito è terminata anche la cosiddetta fase romana presso il Dicastero delle cause dei Santi della Santa Sede. Pertanto al termine di questo primo iter il Papa ha fatto emanare il decreto con cui la madre fondatrice, la serva di Dio Margherita Maria Guaini, è stata dichiarata “venerabile”. È un primo passo ufficiale verso il traguardo, se Dio vorrà, della beatificazione e poi della canonizzazione.
Come ci ha detto il parroco don Enrico, nel saluto iniziale, oltre a ricordare il centoventesimo anniversario della nascita della Fondatrice, avvenuto lo scorso anno – Ceto (BS) 21 novembre 1902 –, oggi esprimiamo il nostro ringraziamento per questo primo traguardo e ad un tempo innalziamo la preghiera e l’invocazione che nasce dalla dichiarazione di venerabilità, cercando di comprendere il significato che essa può avere per noi. Se il culto di adorazione è riservato esclusivamente a Dio, alla Vergine Maria e ai Santi è tributata la venerazione come atto di rispetto e preghiera, un culto diverso dall’adorazione.
“È tempo di gioia, perché Cristo ci ha redenti”
Messa di ringraziamento per la dichiarazione di venerabilità di Madre Margherita Maria Guaini fondatrice delle Missionarie di Gesù Eterno Sacerdote
03-03-2023
Download PDF
Per esprimere il nostro ringraziamento e la nostra invocazione, come dicevo, questa sera commento una breve espressione che si adatta perfettamente al momento attuale del cammino post mortem della Madre fondatrice. Mi è stata suggerita dalle nostre suore di casa vescovile che appartengono alla stessa congregazione delle Missionarie di Gesù Eterno Sacerdote. In passato ho già commentato due espressioni, caratteristiche della spiritualità e della preghiera di Madre Guaini, mentre la terza, assai breve ma efficace, recita così: “È tempo di gioia, perché Cristo ci ha redenti”. È un’espressione che si attaglia perfettamente a questo momento. Vi offrirò un commento attorno alle tre parole che la compongono.
- “È tempo…”
Il tempo che oggi viviamo, quello che si compie al termine del primo passo verso l’auspicata beatificazione, è singolare, perché ci apre a un’ulteriore stagione, che dovrà caratterizzarsi per quanto vi dirò. Soprattutto per voi sorelle, ma non meno per tutti gli amici e simpatizzanti del vostro Istituto, è essenziale comprendere il significato che ha avuto per la nostra diocesi il fatto che agli inizi degli anni ’50 del Novecento, dalla lontana Matera dove si era costituito il primo nucleo, la Madre e la piccola comunità di suore si poterono trasferire e stabilire nella cittadina di Varallo con il concorso dei vescovi di quel tempo – in effetti le nostre suore sono identificate come le “suore di Varallo” – stanziandosi presso il pregevole scrigno del convento della Madonna delle Grazie, che contiene anche la famosa Parete Gaudenziana.
Che tempo è allora questo? È un tempo nel quale, terminate le due fasi, diocesana e romana, del processo di beatificazione, si arriva alla dichiarazione delle virtù eroiche di un personaggio che una comunità religiosa, o una comunità diocesana, ha sentito necessario proporre come esempio di santità. Per la nostra diocesi di Novara abbiamo in corso anche la causa di beatificazione di don Giuseppe Rossi, un parroco che venne trucidato verso la fine dell’ultimo conflitto mondiale, il 26 febbraio 1945, in Valle Anzasca e per il quale si propone che sia beatificato per il suo martirio.
È un cammino ecclesiale che, partito dalla nostra diocesi, è continuato a Roma, presso la Santa Sede. È la fase nella quale si avvia un esame approfondito circa la santità di un fedele cristiano o di una fedele cristiana che poi potrà essere proposto o proposta come modello per la vita di una comunità cristiana o, come in questo caso, di una comunità religiosa, e di conseguenza anche per tutti gli altri che l’hanno conosciuta e amata. È il momento nel quale occorre con i nostri criteri e strumenti umani, provare o verificare le cosiddette virtù eroiche della candidata alla dichiarazione di santità. Attraverso l’ascolto e la richiesta di testimoni, sotto giuramento, vengono raccolte testimonianze in faldoni, talvolta numerosi e ponderosi, inviati al Dicastero suddetto. Tali testimonianze hanno l’obiettivo di ricostruire e di provare la pratica delle quattro virtù cardinali e delle tre virtù teologali, professate in un grado eminente dal cristiano o dalla cristiana, per i quali si propone la beatificazione, e poi la canonizzazione. È la fase propriamente ecclesiale. Il suo significato sta nel fatto che la Chiesa si prende a cuore il cammino di un cristiano, e nel nostro caso di una cristiana esemplare, perché possa essere presa ad esempio per gli altri, per essere presentata dalla Chiesa come modello per tutti noi.
Si apre successivamente un secondo tempo – È tempo di… – nel quale noi possiamo ancora agire (con la preghiera e la carità), ma la parte importante la fa il Signore! Da parte nostra dobbiamo ringraziare di essere giunti sino a questo primo traguardo – è il significato della nostra messa di ringraziamento – ma poi siamo chiamati soprattutto a una preghiera incessante perché il Signore ci mandi un segno. Solitamente si dice che ci vuole un “miracolo” per la beatificazione, ma in realtà noi chiediamo che il Signore ci mandi quel segno per cui il cammino che noi abbiamo intrapreso, incontri la sua benevolenza, la sua presenza e la sua tenerezza. Ho già vissuto in passato un tempo simile, quando si trattò di prendere in considerazione e avviare appunto il processo per un miracolo avvenuto per intercessione del beato Luigi Monza. Tale processo in latino viene definito super miro, non è chiamato super miraculo, perché il processo ha il fine di stabilire che è avvenuto un fatto prodigioso di cui non si riesce a dare spiegazione con le attuali conoscenze della scienza o di altre discipline di cui disponiamo. Il processo non deve dire altro, non può dire che è avvenuto un miracolo, perché il miracolo è un segno prodigioso in cui solo la fede riconosce la presenza del Signore. La fede vede nel segno la presenza di Dio che opera a beneficio della vita dell’uomo. Proprio per questo il miracolo ha bisogno di essere atteso e preparato con la preghiera e con la invocazione. A tal proposito ho preparato di mio pugno una preghiera apposita, che verrà divulgata prossimamente per chiedere l’intercessione della Serva di Dio e ottenere il miracolo, o particolari grazie per la nostra vita: possono essere chieste per la propria famiglia o per qualche intenzione particolare, anche da parte vostra che siete convenuti qui stasera. Pregate dunque perché “è tempo di…”!
E ancora, questo è un tempo delicato poiché potremmo anche dubitare se ci sembrerà che il Signore “non batta colpo”, mentre noi abbiamo fretta di vedere realizzato tutto subito! Al contrario, il tempo che viene dopo la dichiarazione di venerabilità, è un periodo di paziente attesa che potrebbe durare anche anni. E tuttavia è un tempo bello, nel quale noi invochiamo sulla vita di una persona che abbiamo conosciuto e che per noi è santa, un segno evidente della benevolenza divina. Papa Francesco nella sua esortazione apostolica “Gaudete et exultate”, definisce questi credenti “i santi della porta accanto” (cfr. Francesco, “Gaudete et exultate”, n.7). Per questo dobbiamo essere sempre cauti nell’esprimere il nostro giudizio sulla santità. Ecco perché abbiamo bisogno un segno da parte del Signore, per avere la conferma di quanto noi riusciamo a vedere e giudicare solo dall’esterno. È un tempo favorevole e opportuno quello che si apre a partire da questa sera.
- “… di gioia”
È tempo di gioia! È una definizione interessante, è un aforisma composto direttamente della Madre fondatrice. La Madre appartiene a quella schiera di cristiani esemplari che sapevano qual è il cuore del cristianesimo. Non dice “è tempo di felicità!”, che è l’espressione che facilmente usiamo e di cui abusiamo per dire che cerchiamo tutti la felicità. Non c’è alcuna medicina che la procuri, né esiste un termometro della felicità, perché la felicità non è misurabile. Infatti, a seconda dei momenti della giornata e delle stagioni, la felicità cambia facilmente, come il nostro umore. Al contrario il tema della gioia nel Vangelo è molto presente (il termine ricorre almeno 28 volte nei quattro vangeli e ritorna nei racconti, nei discorsi e nelle parabole di Gesù) soprattutto nei momenti di svolta e di snodo della sua vicenda terrena. A Natale quando l’angelo appare ai pastori e annuncia una grande gioia (Lc 2,10); quando Gesù guarisce il paralitico (Lc 5,25; anche se non c’è il termine esplicito); quando Gesù incontra Zaccheo (Lc 19,6: “(Zaccheo) scese (dal sicomoro) e lo accolse pieno di gioia”); nelle apparizioni di Pasqua (Mt 28,8; Lc 24,41), e così in molti altri contesti e situazioni. La gioia accompagna i tempi in cui la vita cristiana si raccoglie nei momenti culminanti o, come abbiamo letto nel brano di Vangelo che abbiamo ascoltato questa sera, nel momento glorioso della trasfigurazione:
“E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”. (Mt 17,2)
Lo stesso racconto nel vangelo di Marco usa un’espressione molto efficace (parla di un bianco ineguagliabile!):
“Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche” (Mc 9,2b-3).
La gioia cristiana ci dà la certezza che la nostra vita è abitata dal Signore. La gioia è presente e lo dev’essere negli snodi della vita e dell’esistenza. Ma il tema della gioia è anche molto impegnativo e difficile da trattare. La gioia non è solo un’emozione, ma è il sentimento della presenza del Signore nella nostra vita, una presenza amante e benevolente, che sostiene anche le tappe più oscure del nostro cammino. La gioia cristiana rimane salda anche nelle prove più dure, perché non è in balia della nostra sensazione, ma è custodita nel palmo della mano di Dio.
È tempo di gioia! Un cristiano e una cristiana esemplari si percepiscono dalla testimonianza di gioia che riescono a offrire, con la quale riescono a contagiare gli altri. I santi non appartengono alla tribù dei visi pallidi, alle congreghe dai volti emaciati, musoni e tristi! La gioia è un connotato fondamentale della vita cristiana, perché è un tratto fondamentale dei passaggi dell’esistenza di Gesù.
- “… perché Cristo ci ha redenti!”
E, infine, la Madre fondatrice, nell’ultima parte del suo aforisma, ci dice il motivo di tanta gioia. Ne ho già dato un’anticipazione sopra in modo generico, ma madre Guaini in modo più raffinato conclude: “perché Cristo ci ha redenti!”. La gioia del cristiano non consiste, allora, nel fatto di considerare che nella nostra vita non ci siano né ferite o solitudini, né invidie o gelosie, né cattiverie o aggressività, né tutte le altre forme tentacolari con cui si manifesta il male nel mondo globalizzato. La gioia cristiana si fonda sul fatto che non c’è nulla che non sia sostenuto dalla mano benedicente di Dio e dall’abbraccio di Gesù. Anche le altre massime che la Fondatrice ha composto vanno tutte in questa direzione.
Ella è appartenuta a quella generazione nata agli inizi del secolo scorso, che era stata educata a una vita spartana e austera, molto essenziale, ma dotata di una grande sapienza e buon senso nella vita pratica. Mi viene alla mente un simpatico aneddoto che può persino far sorridere, ma rivela una grande saggezza umana: quando le giovani entravano in noviziato – siamo negli anni 1950/60, appena dopo la guerra – erano obbligate tutti i giorni dalla Madre a mangiare almeno quattro panini, perché si potessero sostenere adeguatamente! È una forma di sapienza pratica da parte di persone, magari dotate anche di forte temperamento, ma che avevano un grande senso di umanità e di prossimità.
La Madre fondatrice è stata anche per questo una donna forte. Qualcuno ha persino temuto che questo aspetto caratteriale potesse rappresentare un ostacolo nel cammino della causa di beatificazione, ma ciò che conta è innanzitutto la profondità spirituale della sua persona. In tal senso c’è un’espressione che ho già commentato in un’altra occasione e che pone la domanda: “Quale utilità del suo Sangue (di Cristo), se nessuno lo fa valere?!”. Se nessuno lo fa valere, vale a dire se nessuno lo apprezza e lo fa amare. Tutte le nostre fatiche, le nostre ferite e povertà, le miserie e le debolezze sono già sostenute, guarite, trasformate, trasfigurate – ancora una volta pensiamo al Vangelo di questa seconda domenica di Quaresima – dalla presenza del Cristo morto e risorto. Il motivo della gioia è pasquale!
Questo è il monito della Madre che passa attraverso il suo aforisma. Desidero allora che a partire da questa sera, le sorelle Missionarie di Gesù Eterno Sacerdote valorizzino appieno questo aspetto che per loro si esprime in particolare attraverso l’adorazione eucaristica quotidiana e si diffonde mediante la particolare vicinanza al ministero dei sacerdoti. Domando al Signore che permetta a loro di entrare in un tempo nuovo: quello della gratitudine e dell’invocazione perché la Madre fondatrice sia accetta al Signore e la sua benevolenza sia capace di darci quel segno che egli solo può donarci. Potremo così fare un ulteriore passo verso la beatificazione.
Questa sera siamo chiamati a vivere un bel momento, che non è di tutti i giorni. Ringraziamo anche i sacerdoti che hanno aiutato a raccogliere tutte le testimonianze e tutto il materiale richiesto per la causa di beatificazione. È un’opera notevole e complicata e ne sono ben consapevole per aver vissuto in prima persona la stessa esperienza, come ho raccontato sopra. È il tempo nel quale chiediamo davvero con grande umiltà al Signore che ci dia un segno della sua benevolenza, per le nostre sorelle, per le comunità che hanno la grazia di averle come collaboratrici preziose, come questa della parrocchia di sant’Andrea con la presenza della scuola materna.
E il Signore ci benedica tutti!
+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara