Accogliere, proteggere, promuovere, integrare: la Giornata della Pace a Novara

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La fine e il principio di un anno, la festa di Maria Madre di Dio, la Giornata Mondiale della Pace. E poi tre parole chiave: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Sono i nodi  della giornata di oggi, primo gennaio, che don Brunello Floriani, vicario episcopale per la pastorale e per il vicariato di Novara, ha sottolineato nella messa celebrata in cattedrale, che ha concluso la Marcia della Pace, organizzata dalla comunità di Sant’Egidio, a Novara.

La fine di un anno

«Il tempo passa. Chi è padrone del tempo è il Signore, padrone del tempo e della vita. Per noi la fine e l’inizio di un anno dovrebbero essere occasione per fare un bilancio spirituale di come abbiamo utilizzato il dono del tempo – ha detto don Floriani -. Dentro al tempo, che passa all’interno della vicenda umana, c’è la storia della salvezza. La fede è proprio la capacità di vedere questa storia della salvezza dentro alle vicende umane, con la capacità di valutare, fin dove è possibile, ciò che accade: ci sono drammi che non sono colpa di nessuno, ma fanno parte della natura delle cose, come il nascere e il morire; ci sono drammi che trovano nell’uomo cause ben precise, e questi ci rammaricano ancor di più».

Qui, dunque, il senso dell’augurio di un “Buon Anno”. «Già lo abbiamo detto e da tanti ce lo siamo sentito dire. Ma spesso con paura. I più aggiungono sempre “speriamo”, facendo emergere sentimenti dubbiosi che svelano scoraggiamento e poca fiducia nel futuro. Allora dobbiamo chiederci: che cosa può rendere buono il tempo che passa e che ritma quotidianamente la nostra vita? Solo Dio è bontà. Buon Anno: augurare che ogni uomo e ogni donna si incontrino con Dio. Per questo facciamo nostra la preghiera di Mosè».

Maria Madre di Dio

La solennità del primo gennaio, Maria Madre di Dio, ha poi sottolineato don Floriani, è  un invito proprio a fare spazio alla bontà di Dio.
Perché Maria offre e  propone Gesù, «Maria è modello di come si può impiegare bene il tempo nella nostra vita in sintonia con il Signore e per costruire il Regno di Dio, regno di pace e di giustizia. Essa  a accolto Gesù. Ha detto di sì a Dio, non si è tirata indietro, non si è nascosta. Ha vissuto come discepola di Gesù, lo ha seguito, ha “giocato” la sua vita per lui. Ha fatto conoscere Gesù agli altri, lo ha generato e rivelato agli altri. Oggi diciamo grazie a Maria: ha generato colui che ha reso anche noi figli di Dio

Giornata Mondiale della Pace

Ed è nella pace – «che celebriamo in questa Giornata che cade nell’anno in cui si ricordano i 70 anni della costituzione» –  che si può trovare la sintesi beni spirituali portati da Gesù, «che conciliano l’uomo e lo rendono capace di vivere in armonia, con Dio, con il Creato e con gli uomini».

Tre aspetti egualmente importanti: «sceglierne uno tralasciando gli altri e pensare di sentirsi in Pace è un inganno diabolico. Chi , tralasciando di essere in pace col creato e con gli uomini, può di sentirsi in pace con Dio? Credo che molte contraddizioni del nostro tempo nascano proprio da queste separazioni: certo potranno esserci accentuazioni e sensibilità diverse, ma nessuna di queste relazioni sta in piedi da sola se non con conseguenze catastrofiche:  estremismi e intolleranze religiose;  esaltazione dei propri spazi e difesa dei propri confini con l’arma dei propri diritti e senza alcun dovere; una filantropia spesso ideologica dove la difesa di alcune categorie motiva spesso la guerra contro altre».

Quattro parole che ci facciano da bussola: accogliere, proteggere, promuovere, integrare

Infine, quattro parole «che Papa Francesco definisce “pietre miliari” e che ci propone come linee d’azione», tratte dal messaggio di quest’anno di Francesco per la Giornta della Pace, dedicata ai Migranti e rifugiati, ma che ha come destinatari tutti gli uomini.
«La prima azione che Papa Francesco ci chiede è quella di accogliere. Nei confronti dei migranti è l’invito a non respingere chi fugge da persecuzioni e violenze. A livello più generale è per me l’invito a passare dall’ostilità all’ospitalità, necessità che dobbiamo recuperare nella nostra vita quotidiana, in famiglia come nel mondo del lavoro. Questa azione ci impegna anche verso l’ambiente dove viviamo. Renderlo accogliente vuol dire adoperarci perché il mondo sia abitabile per tutti».

La seconda azione da compiere è quella di proteggere: «pensando ai migranti la protezione è da chi sfrutta questa situazione per arricchirsi, addirittura talvolta facendo di queste persone degli schiavi. Per questo i migranti vanno protetti. Nella nostra vita cosa vuol dire questo invito se non che dobbiamo imparare a prenderci cura degli altri, proprio a partire dai più indifesi? Prenderci cura dei poveri, dei malati. Il diffondersi di una cultura individualista giustifica il chiudere i confini, ma spesso porta poi a chiudere fuori di casa anche le persone più vicine. Non possiamo e non dobbiamo aver paura di prenderci cura degli altri».

«Un terzo passo da fare è quello di promuovere: non una assistenza passiva ma favorire, soprattutto per i bambini e i giovani migranti l’accesso a tutti i gradi di istruzione.  La Chiesa, anche attraverso l’opera missionaria, ha sempre considerato l’educazione e la formazione vie fondamentali per vivere in pace e dare dignità a tutti. Nella nostra cultura a livello sociale, politico e anche ecclesiale questo atteggiamento del “Promuovere” l’altro è stato ed è ancora faticoso. Prevale l’essere attaccati al proprio potere, alle proprie ricchezze, al proprio ruolo. Mai capaci di fare un passo indietro per promuovere l’altro. Questo atteggiamento cosa genera? Pace? Tutt’altro: gelosia, arroganza, invidia, carrierismo, vendetta, critiche e pettegolezzi da chi si sente messo da parte. C’è proprio bisogno, anche nella chiesa, di imparare a promuovere. Naturalmente promuovere gli altri e non noi stessi. Il cristiano ama stare a mensa con i propri fratelli con la stessa passione sia quando è a capotavola, sia quando serve».

Infine l’ultima azione che ci è chiesta è quella di integrare. Anche qui il Papa pensando ai migranti invita a renderli pienamente partecipi della vita della società che li accoglie. E per quel che riguarda le nostre relazioni cosa vuol dire “Integrare”? Per me dalla capacità e dalla coscienza di integrare gli altri ne viene non solo la possibilità di sentirci in pace con Dio, con il Creato e con tutti, ma anche la concreta possibilità di essere felici, nonostante le fatiche e le prove della vita. Chi è disposto ad integrare gli altri? Direi chi si vuole bene, chi si sente amato, chi percepisce che Dio stesso lo accoglie, lo protegge, lo cura così com’è, senza pregiudizi. E poi guarda gli altri e decide che anche gli altri vanno bene, così come sono, con i loro pregi e i loro difetti, con il loro colore e la loro lingua, e anche gli altri devono volersi bene per quello che sono, perché anche gli altri da Dio sono amati, accolti, protetti».