Lettera del vescovo Franco Giulio per la ripresa della vita ecclesiale e sociale

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Di seguito, la lettera del vescovo Franco Giulio alle comunità della diocesi di Novara, in occasione della prima messa domenicale, dopo la sospensione delle celebrazioni con partecipazione di popolo, a causa delle misrure di contenimento della Covid-19.

 

Lettera per la ripresa della vita ecclesiale e sociale

Carissimi,

domenica 24 maggio torneremo a celebrare l’Eucaristia in tutta la Diocesi, recuperando gradualmente la normalità della vita ecclesiale. Il ritorno non potrà essere una semplice ripresa della vita comunitaria precedente. Non solo perché in questa fase di transizione vi sarà ancora una frequenza contingentata con le cautele necessarie, ma perché lo slogan “niente sarà più come prima” ora deve trovare fantasia creativa e concretezza pratica. Saremo migliori se avremo imparato qualcosa da questi tre mesi di astinenza dalla celebrazione comunitaria della Messa e dalla partecipazione alla vita ecclesiale e sociale. Intendo offrirvi qualche riflessione, perché la ripresa sia piena.


Lettera per la ripresa della vita ecclesiale e sociale
Messaggio per la prima messa domenicale con partecipazione di popolo dopo le misure anti Covid19
20-05-2020
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  1. Abbiamo compreso la bellezza dell’espressione Sine dominico esse non possumus (Atti dei martiri, XI), cioè “senza la domenica non solo non possiamo vivere, ma non possiamo esistere”. Come succede spesso nella vita, scopriamo il valore dei beni fondamentali (il pane, l’acqua, la salute, il lavoro, l’amore, la speranza, ecc.) quando essi vengono a mancare. Questa volta, forse la prima volta per la generazione del dopoguerra, molti hanno sentito la ferita lancinante di non poter partecipare alla Messa e alla comunione eucaristica. Alcuni hanno persino contrapposto il valore della Messa e della comunione al bene della salute di molte persone che si sono ammalate e tra le quali troppe sono morte. Tanti non sono riusciti a vederne il pericolo per la vita di medici, infermieri, operatori sanitari e sacerdoti presenti sul campo e che hanno donato se stessi. Non possiamo dimenticare questa tragica esperienza. Rimarrà indelebile il sentimento di infinita tristezza, quando sentivamo suonare le campane delle nostre chiese, ma non potevamo partecipare all’Eucaristia. La Messa entrava nelle nostre case in streaming o attraverso la TV, ma sentivamo sulla nostra pelle e nel nostro cuore che era un’altra cosa. Forse ci ha fatto scoprire la bellezza del Signore che visitava la nostra famiglia, ma sapevamo che non era la cena del Signore, semplicemente perché è l’Eucaristia che fa la Chiesa. Celebrare la Messa non è solo il modo con cui esprimiamo insieme la fede, ma è il gesto con cui lasciamo che il Signore edifichi la sua Chiesa. Per questo la Messa è al centro della settimana e senza di essa non possiamo vivere, perché saremmo persone più sole, famiglie senza focolare, una società senza il cielo sopra la testa. L’Eucaristia della domenica è per noi cristiani il centro e il culmine della vita cristiana e il vertice della vita di carità e dei legami sociali. Torniamo alla Messa come al tesoro più prezioso che ci è stato donato. Non dimentichiamolo!

 

  1. Tuttavia, questa forzata astinenza ci ha fatto scoprire altre cose belle dell’esperienza cristiana. Credo fra tutte la più significativa è la preghiera in famiglia, l’esperienza della vita cristiana domestica. Le nostre case erano diventate un deserto per la fede. Neppure le luci del Natale e i segni della Pasqua riuscivano più a riscaldare le relazioni familiari con il fuoco della fede. Questi mesi però hanno aperto uno spiraglio nella vita della casa. Anche chi magari era distrattamente presente vicino a un familiare che seguiva la Messa in streaming o partecipava alla preghiera serale oppure ascoltava le infinite proposte che la fantasia dei sacerdoti ha messo in atto, non può non avere aperto l’orecchio per lasciarsi toccare il cuore in un tempo pieno di paure, ma avaro di fiducia e speranza. Ho ricevuto molte testimonianze che parlavano dell’interesse dei propri cari, anche non praticanti, per una parola e una preghiera portatrice di speranza. In rete e sui social talvolta sono circolate cose stravaganti e bislacche, anche a proposito della fede e delle sue pratiche, più interessate a far colpo che a far pregare e a sostenere la speranza. Il tempo spazzerà via queste espressioni banali e vuote, spesso malate di protagonismo e visibilità da parte di chi li proponeva, talvolta persino con un uso strumentale anche dei segni più sacri della fede. Vi sarà lo spazio per una riflessione pacata e critica. Non vorrei però che con l’acqua sporca di gesti strambi e strampalati si perda la freschezza della riscoperta della preghiera in famiglia, di momenti altrettanto belli, come la liturgia domestica della Parola, la preghiera dei salmi con la liturgia delle ore, il rosario recitato insieme, la meditazione personale. Se davvero “niente sarà più come prima”, vi chiedo di non disperdere la ripresa della preghiera in famiglia, tra genitori e figli, anche attraverso l’uso sapiente dei mezzi di comunicazione sociale. Abbiamo scoperto un ampio spazio di preghiera e nutrimento spirituale “oltre la Messa”. Forse è anche per questo che prima della crisi la Messa era diventata arida, perché suonavamo la musica divina della liturgia senza lasciarla calare dentro di noi con la preghiera del cuore e della vita.

 

  1. Una cosa importante è rimasta quasi sospesa, rinchiusa forse nel pudore che avvolge il mistero della sofferenza e della morte. Nei prossimi mesi, anche qui gradualmente, ma con un autentico senso pastorale, dovremo condividere il dolore di tante famiglie di fronte alla morte dei loro cari, causata da questa pandemia, in particolare di molti anziani e malati. Sappiamo che non esiste la morte in generale, ma essa è sempre singolare, quando è la perdita irreparabile di mio papà e di mia mamma, di mio fratello e di mio figlio. Abbiamo pregato per il loro eterno riposo e per la consolazione dei familiari e amici. I sacerdoti non hanno lasciato mancare la loro presenza orante, almeno per il momento della sepoltura al cimitero. Vorrei raccogliere il desiderio di tanti di celebrare nel futuro prossimo una Messa di suffragio con una celebrazione diocesana o vicariale per manifestare la speranza che ci dona il Risorto. Molti sacerdoti, proprio attraverso la prossimità agli anziani e ammalati, hanno scoperto relazioni nuove con le famiglie e una presenza che non passava solo attraverso la preghiera liturgica. Alcuni hanno testimoniato la riconoscenza della gente per un volto di prete che, non potendo esprimersi attraverso il consueto servizio pastorale, è stato apprezzato per la vicinanza, la parola di consolazione, la prossimità, la carità. Le indicazioni della Chiesa italiana dispensano le persone a rischio, gli anziani e i malati dal precetto della Messa domenicale. Questo però non deve marginalizzarli e dimenticarli. Essi hanno già sofferto molta solitudine e perciò chiedo di prendersi cura spiritualmente di loro, mettendo a disposizione attraverso i mezzi di comunicazione celebrazioni a loro dedicate, oppure, come qualcuno ha suggerito, una Messa prevalentemente dedicata a loro il sabato pomeriggio o durante la settimana.

 

  1. Ringrazio ancora, con tutta la comunità diocesana, per il lavoro realizzato con generoso impegno da tante persone dei servizi sanitari (medici, infermieri, operatori sanitari) e per le numerose attività che rendono possibile la vita quotidiana nella nostra società (amministratori, operatori sociali, lavoratori dei servizi essenziali, insegnanti e docenti che hanno seguito i ragazzi e giovani con tanta passione educativa, coloro che hanno curato i disabili). In modo speciale siamo riconoscenti per la disponibilità e il servizio dei sacerdoti, dei consacrati e dei laici in queste settimane per il silenzioso e umile servizio alle povertà. Ora diventa necessario con grande coraggio promuovere il lavoro della Caritas e delle altre istituzioni ecclesiali e civili per mitigare le conseguenze della pandemia. È facile prevedere tre grandi campi a cui portare il nostro soccorso: il primo e più urgente è l’aiuto alimentare che ha già visto tanta generosità e impegno nei mesi di aprile e maggio; il secondo sempre più urgente è quello che riguarda le spese per la gestione della casa (utenze, riparazioni, mutui, ecc.) che sta emergendo e diventerà primario prima dell’estate; il terzo sarà la ripresa del lavoro quando a settembre molte persone non riusciranno più a tornare a galla e sarà facile scivolare sotto la soglia di povertà. Una sapiente e oculata gestione delle risorse, la collaborazione con tutti i corpi intermedi che si dedicano alla rete di protezione sociale, possono favorire il “piano per risorgere” di cui ha parlato papa Francesco.

 

  1. Rendiamo grazie a Dio del fatto che il contagio della malattia cominci ad essere contenuto e si possa iniziare, ancora con riserve e precauzioni, il recupero delle attività abituali della nostra vita comune. Dopo questo tempo di dolore e sofferenza a causa della morte di persone care e dei gravi problemi sanitari, sociali, economici e lavorativi, dobbiamo affrontare questa situazione facendo crescere la solidarietà, esercitando la carità personale, sociale e politica. È necessario che le autorità delle varie amministrazioni pubbliche, i partiti politici e le organizzazioni d’impresa e sindacati, così come tutti i cittadini, promuovano l’accordo e la collaborazione a favore del bene comune. Noi italiani, che siamo bravissimi in tempo di emergenza – e dobbiamo rendere onore soprattutto agli amministratori e operatori sociali delle nostre città e dei comuni che hanno messo a tacere ogni retorica e hanno umilmente lavorato per il bene di tutti – dobbiamo vincere la sfida di un nuovo “rinascimento”. Chi ha analizzato acutamente la vulnerabilità che ha ferito la nostra società globalizzata e ipertecnologica ha scritto che dobbiamo passare dal mercato delle cose e dei beni alla valorizzazione delle risorse umane del territorio. Le cose e i beni possono smettere improvvisamente di circolare con facilità e possono venir meno, il capitale umano e le risorse sociali del territorio sono sempre a noi vicine e disponibili. Tutti siamo chiamati a essere responsabili nella convivenza per evitare nella misura del possibile il ritorno della malattia e aiutare i poveri e coloro che più patiscono le conseguenze di questa pandemia.

Questa lettera vi raggiunge mentre iniziamo il periodo di attesa del dono dello Spirito Santo. Vorremmo che la ripresa della celebrazione della Messa e della vita ecclesiale fosse come una “nuova Pentecoste”. Questa settimana abbiamo salutato il nostro vescovo emerito, il card. Renato Corti, che è stato un grande uomo spirituale. Egli ci benedica dal cielo, perché solo uomini e donne che hanno lo sguardo levato in alto possono aprire strade nuove sulla faccia della terra.

Vi benedico tutti con affetto.

+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara

Novara, 20 maggio 2020