Nell’ultima settimana di agosto, vescovo Franco Giulio Brambilla ha accompagnato il pellegrinaggio valsesiano a Lourdes, arrivato alla sua cinquantesima edizione.
Di seguito pubblichiamo il testo dell’omelia nella messa alla Grotta, celebrata giovedì 29 agosto.
Martirio di Giovanni Battista
Messa alla Grotta con i pellegrini della Valsesia
Oggi la Chiesa celebra il martirio di san Giovanni Battista. Egli è l’ultimo dei profeti e il precursore della venuta del Signore Gesù, di cui la liturgia celebra anche la nascita il 24 giugno di ogni anno. Molte Chiese battesimali sono dedicate a lui, perché egli predicava un battesimo di conversione per la remissione dei peccati. È la scena indimenticabile che gli evangelisti raccontano per rivelare il mistero della vocazione di Gesù. Sul Giordano Egli è là in fila con i peccatori. Come può essere che Gesù stia in fila con i peccatori? La voce dal cielo rivela che Gesù è il figlio di Davide, l’amatissimo di chi parla nella nube (il Padre) ed è il servo sofferente che porta il peccato del mondo (Mc 1,11). Non sta in fila per i suoi peccati, ma perché porta i nostri peccati, guarisce le nostre ferite, beve il calice amaro passando attraverso le nostre miserie.
MARTIRIO DI GIOVANNI BATTISTA
Messa alla Grotta con i pellegrini della Valsesia
29-08-2024 Download
Il martirio di Giovanni Battista si riferisce alla testimonianza con il sangue, pagato per la sua fedeltà di «uomo giusto e santo» (Mc, 6,20). Così lo riconosce persino Erode nel vangelo di oggi. Giovanni sta sul bordo dell’Antico Testamento, ne raccoglie l’attesa, la preghiera e la speranza. Il Battista ha dovuto fare un lungo cammino di conoscenza e di conversione, prima di poter dare la sua vita. Forse si può dire che quello che Paolo augura ai suoi cristiani di Corinto, all’inizio della sua lettera che abbiamo ascoltato come prima lettura, valga anzitutto per Giovanni: in Gesù «siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza» (1Cor 1,5). Giovanni ha dovuto fare un lungo cammino per non essere solo il più grande profeta del Primo Testamento, ma per essere la Voce e lo Sposo che gioisce al vedere l’arrivo alla venuta del Signore.
Giovanni Battista appare la prima volta all’inizio del vangelo di Marco nella potenza del suo ministero e della sua figura. «Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico» (Mc 1,5-6). Quando Giovanni prefigura la sua attesa del Messia usa immagini forti: «Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. […] Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile» (Mt 3,10.12). Sono immagini di separazione: il Battista attende un Messia che viene con braccio forte e disteso, che separa il bene dal male, che non scende a compromessi, che asporta il nostro peccato quasi con un intervento chirurgico. Come era stato preannunciato nell’annuncio dell’angelo a Zaccaria: «Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto» (Lc 1,17). Questa è l’immagine originale di Giovanni Battista, egli il profeta come e più grande di Elia, è l’Antico Testamento in persona.
Giovanni, però, è chiamato fare un passo in avanti, a una “crescita nella conoscenza” del Signore Gesù, a una vera conversione cristologica! Egli si attendeva un Messia forte e potente, ma quando gli riferiscono i gesti e le parole di Gesù invia due dei suoi discepoli a chiedere direttamente a Lui: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Lc 7,20). La risposta di Gesù rimanda al suo agire misericordioso: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!» (Lc 7,22-23). Immaginiamo il volto e lo sguardo di Giovanni, quando i discepoli gli avranno riferito la risposta di Gesù. Egli non viene solo come chi separa il bene dal male, ma come chi si carica sulle spalle il dolore dell’uomo, porta la pecorella perduta, scioglie il male dal di dento, smonta la nostra aggressività, guarisce le nostre ferite, sana le nostre relazioni, include gli ultimi e i lontani, avvicina i lebbrosi e cambia il nostro cuore malato.
All’ultimo appuntamento, raccontato dal vangelo di oggi, Giovanni si presenta intatto nella sua fama di profeta retto e intransigente, e proprio per questo affascinante. Persino Erode lo ammira: egli «temeva Giovanni […] e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri» (Mc 6,20). Anche noi restiamo perplessi, perché non sappiano se Giovanni sia passato dalla prima attesa di un Messia forte e potente e sia cresciuto nella “parola e nella conoscenza” di Gesù. In tutto il drammatico episodio del vangelo odierno Giovanni non parla. È solo oggetto della promessa sconsiderata di Erode al ballo del suo compleanno e della terribile richiesta di Erodiade, la moglie rubata a suo fratello, fatta attraverso la figlia che balla ammaliando il re e i suoi commensali. Senza neppure avere un nome, la figlia di Erodiade vuole «servita su un piatto la testa di Giovanni Battista» (Mc 6,25). “Servita su un piatto” è il modo di dire che fino ad oggi parla della vendetta del male sul bene, della morte sulla vita del Giusto.
Oggi festeggiamo il martirio di Giovanni Battista. Il vangelo non ci dice se il Giovanni della storia abbia raggiunto la “piena conoscenza del Signore Gesù”, come messia e servo sofferente che si carica sulle spalle la sofferenza, la fatica e il male degli uomini per guarirlo dal di dentro. Dopo la risurrezione circolavano ancora in Israele dei discepoli di Giovanni. Forse uno spiraglio di luce ce lo mostra proprio Gesù quando fa l’elogio di Giovanni: «Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui» (Lc 7,28). Certo Gesù loda il Battista come il più grande tra i nati da donna, il profeta che ha preparato la via del Signore, il campione della giustizia e del bene. Ma Gesù sa che il piccolo nel regno di Dio è testimone della giustizia più grande che è la misericordia, la quale raggiunge il bene guarendo il male e trasfigurando il cuore degli uomini e delle donne. Osiamo sperare che Giovanni sia stato il primo tra i piccoli del regno, noi invece possiamo essere sicuri di essere «stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza» (1Cor 1,5). Qui alla grotta, sotto lo sguardo dell’Immacolata, impariamo a diventare i piccoli del Vangelo, a cui è rivelato il volto del Padre!
+ Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara