Nella sera di sabato 9 aprile, il vescovo Franco Giulio Brambilla ha presieduto la Veglia delle Palme, tradizionale incontro dei giovani della diocesi, che quest’anno si è tenuto ad Orta San Giulio e al Sacro Monte. Di seguito il testo integrale del suo intervento durante la celebrazione.
Prendi il largo!
Veglia delle Palme 2022
In questa sera, nella quale udiamo il vento stormire tra le fronde e, come dice la Scrittura, non sappiamo donde venga e dove vada (cfr. Gv 3,8), e sentiamo anche qualche sua gelida folata che, con le spore portate nell’aria, annuncia tuttavia la primavera, vogliamo sostare un momento a riflettere durante la Veglia delle Palme. Dopo averla celebrata, negli ultimi due anni, collegati in streaming, oggi finalmente siamo tornati nel nostro ambiente e ci ritroviamo in uno dei punti più belli della diocesi: il Sacro Monte d’Orta.
Correva il 13 novembre del 386, il giorno del suo compleanno, e Agostino s’era ritirato a Cassiciacum – di cui si hanno due identificazioni di luogo, Casciago sul lago di Varese o Cassago in Brianza – e si era già incamminato per la strada della conversione, anche se poi avrebbe aspettato la primavera, nella notte di Pasqua tra il 24 e il 25 aprile del 387, per essere battezzato da sant’Ambrogio. A Cassiciacum, Agostino s’era ritirato con un gruppo di amici, cercatori della verità. Egli, che era un grande retore – ad un certo punto dirà di sé che era solo un venditore di parole –, a tavola durante la festa di compleanno si domandava che cosa fosse la felicità. La madre, Monica, che aveva confezionato un dolce per l’occasione, motteggiava con Agostino e i suoi amici, sodali di riflessione e di meditazione, discettando sulla dolcezza della torta e passando con naturalezza al dolce fascino della felicità. Ad un certo punto, nasce tra i commensali la domanda: “Per te che cos’è la felicità?”. La risposta si trova in un testo dello stesso periodo, I Soliloquia, in cui Agostino sembra rispondere idealmente con un’espressione lapidaria, che mi è rimasta nel cuore, imparandola anche in latino, e che afferma: “Deum et animam scire cupio”; “Bramo conoscere Dio e l’anima!”. In questo ideale dialogo la voce della coscienza gli domanda: “Niente altro?” e Agostino risponde prontamente: “Assolutamente null’altro!”.
Prendi il largo!
Veglia delle Palme 2022
09-04-2022
Download PDF
Ecco dunque: mentre tu conosci Dio, conosci anche la tua anima, conosci il tuo cuore, ma per conoscere Dio occorre bramarlo, bisogna desiderarlo. Non c’è altro di più importante nella tua vita! Il verbo latino cupio esprime proprio il desiderio, l’amore erotico, travolgente, appassionato, interminabile. In tal modo Agostino iniziò la sua conversione. Ci vorranno, poi, altri dieci anni di approfondimento delle Sacre Scritture per diventare veramente cristiano, però in questa espressione “desidero, bramo conoscere Dio e l’anima” è contenuto tutto il suo desiderio, tutta la sua passione, tutto il suo slancio.
Allora per lasciarci istruire e guidare dall’affermazione di Agostino, ho scelto un racconto dal Vangelo di Luca (5,1-11) a fare da canovaccio alla riflessione di stasera.
- Una scena di vita ordinaria: Gesù sale sulla nostra barca
Il racconto si apre con una scena di vita ordinaria: Gesù sale sulla nostra barca. L’abbiamo ascoltato poc’anzi ma, mentre io ve lo illustro, scorrete ancora con gli occhi il testo che viene proiettato sullo schermo. I primi tre versetti sono d’una bellezza incomparabile, scritti in un greco, che ci presenta quasi un quadro a colori pastello:
Lc 5 1Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Gesù sale sulla nostra barca, che rappresenta la vita ordinaria. Gesù prende dimora presso di noi. Siamo qui questa sera dopo due anni tremendi, nei quali abbiamo sperimentato l’ansia, la paura, la depressione, il guardar fuori dalla finestra, il messaggiare vorticosamente, pur di trovare un contatto o un legame: siamo stati molto tempo con il fiato sospeso. Ebbene stasera Gesù si accosta alla nostra barca e ci dice di osservare, di capire il nostro punto di partenza, che dipende dall’età nella quale abbiamo vissuto gli anni 2020-2021. Era il marzo di due anni fa e proprio in questo mese ricorre il biennio dall’inizio della pandemia. Come ho ripetuto molte volte ai nostri giovani sacerdoti, m’immagino i ragazzi e le ragazze che hanno frequentato la terza media e la prima superiore e che si sono sentiti derubati di questi due anni; così è accaduto ugualmente per chi ha finito la quinta superiore ed è entrato all’università senza poter gustare il suo essere matricola, un tempo di quelli più esaltanti della vita… perché con esso si esce per la prima volta di casa e si sogna il domani. Gesù ci dice: “fammi un po’ di spazio sulla tua barca!”.
- Prendi il largo (Duc in altum): Gesù, Pietro e noi
Facciamo un passo avanti:
4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca».
L’espressione in italiano “prendi il largo”, in latino è “duc in altum”, un modo di dire bellissimo che può essere tradotto anche in italiano quando diciamo: “vado in alto mare”. L’espressione andare in alto mare è molto significativa, perché esprime bene la situazione di chi si mette in viaggio in mare e, quando perde la visione della terra alle spalle, quello che sta davanti gli appare come un orizzonte senza confine, senza termine, appunto sconfinato. Osservate che mentre Gesù dice a Pietro: “Tu prendi il largo”, subito aggiunge: “Gettate (voi) le vostre reti per la pesca”. Dapprima parla a Pietro come singolo e poi allarga lo sguardo a tutti i suoi compagni, agli altri discepoli. Noteremo che il gioco tra singolare e plurale è decisivo nel percorso di questa sera, persino in questo luogo pieno di fascino. Parla a ciascuno di voi, parla a te, al tuo cuore, epperò per gettare le reti occorre essere in molti. Per fare un’impresa, per costruire una storia comune, per sognare insieme, ho bisogno assolutamente di partire da me, ma non basto io da solo, devo gettare le reti con gli altri!
“Prendi il largo e gettate le reti per la pesca”. Pensate a tutte quelle persone, uomini e donne, per cui è risuonata, lungo questi due millenni di storia, questa frase del Vangelo, che è stata decisiva per la loro vita. Quest’espressione del Vangelo è una frase, ripetuta da infiniti testimoni per chi era tentato di scoraggiarsi, per chi non voleva più partire, per chi era tentato di non rischiare più: “Prendi il largo!”.
- Se guardo le mie mani – se ascolto la sua voce: il mio tempo – la tua Parola
E ora veniamo al terzo passo:
5Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».
Nel pomeriggio abbiamo ascoltato l’attore Pietro Sarubbi che, nel suo monologo, ha bene interpretato il temperamento di Pietro, con quell’imprinting psicologico che emerge dai quattro vangeli. Se fosse rimasto stasera, anche nel nostro caso avrebbe saputo esprimere bene le parole dette a Gesù, dopo la delusione della pesca notturna, andata a vuoto. Nonostante ciò, Pietro aggiunge: “ma sulla tua Parola getterò le reti!”. In questa famosa espressione, noi vediamo i due elementi che sono in gioco: se guardo le mie mani, le mie reti, la mia esperienza, la pesca che ho già fatto, vedo che non ho preso nulla, e non posso sperare molto da un nuovo tentativo, ma se ascolto la sua voce – sulla tua Parola – getterò le reti.
Quante persone ho conosciuto nella mia vita che erano indecise, non sapevano che strada prendere. Erano come se fossero in una rotonda e continuavano a girare in essa, senza mai imboccare una strada! Sono passati giorni e giorni, mesi e mesi, anni e anni… ed erano ancora lì a girare intorno, sempre nella stessa rotonda; come quell’amico che faceva zapping vedendo spezzoni di film, di musica, di talk-show ogni sera, ma non era mai riuscito a seguire e a vivere una storia fino in fondo…
Arriva, allora, il Signore che ti fa esclamare: se guardo le mie mani sono uno che ha provato tutto, se ascolto la tua voce invece sono capace di prendere una strada. La via per rischiare, per scegliere una direzione, che significa certamente lasciare le altre, ma intanto mi aiuta a costruire una storia, la mia storia. E come se il Signore mi dicesse: segui il tuo racconto, costruisci la tua esperienza, vedrai che diventi importante, che riesci ad ottenere anche qualche buon risultato.
Questo è il momento intimo del racconto. Il tempo sembra finito, come insinua l’espressione di Pietro: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla…». Però se ascolto la sua parola…, allora s’apre ancora il cammino. Quando sarete in difficoltà, tenete nel cuore e ricordate solo queste due espressioni: “Prendi il largo”, “Sulla tua parola getterò le reti”.
Tante volte saremo invitati nei prossimi dieci anni, nei quali stiamo crescendo, ad ascoltare la parola di Gesù che ci invita e ci dice: “Getta la rete!”. Questo dialogo intimo con Lui, tuttavia, tra il mio tempo e il mio cuore, il mio sogno, il mio desiderio e la sua Parola che ci invita a gettare le reti, non basta, perché è senza mondo, senza contesto. Ecco che allora dobbiamo fare un altro passo in avanti.
“6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano”.
La pesca abbondante, la pesca che chiamiamo miracolosa, non può realizzarsi solo con le proprie forze, solo ascoltando la sua voce, ma ha bisogno anche dell’aiuto delle mani degli altri.
- Se stringo le mani degli altri: il “noi” insieme e che pesca che fa
Ecco infatti come continua il racconto:
“7Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli”.
Sul tuo cammino, sul tuo percorso, nella scelta della tua vocazione, nella scelta della professione, persino nel cammino con la persona amata, hai bisogno che qualcuno venga ad aiutarti, ti rincuori, ti rassicuri, ti faccia percepire che stai facendo la scelta giusta, ti faccia da specchio e mostri il tuo vero volto, come i volti di coloro che prima abbiamo visto scorrere nel video e che hanno mostrato la loro sorpresa, la solarità, la smorfia, le loro preoccupazioni… Così, solo il “noi” insieme ci fa capire come è possibile tirare su, nella barca, una pesca abbondante.
“Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare”.
Veleggiamo ormai verso il tempo estivo: ci sarà un momento in cui tutte le nostre parrocchie, i gruppi e i movimenti, dagli scout alle altre associazioni, e molti di noi si dedicheranno ad essere animatori ed educatori dei ragazzi. Vi auguro che la pesca di quest’anno sia abbondante!
Come ha sottolineato questa sera con il suo sguardo da laico, ma limpido, il sindaco di Orta San Giulio, Giorgio Angeleri, sono anch’io contento che stasera siano presenti tanti giovani. In effetti, siete i primi ad uscir fuori – come escono le lumache dopo la pioggia! – per annusare il futuro. Invece, gli anziani faticano ancora ad uscire di casa. Abbiamo bisogno di essere per loro quasi trascinanti, indicare loro una strada per uscire. Durante il primo lockdown, c’era un modo di dire molto ripetuto: “Dopo non sarà più come prima!”, ma abbiamo già costatato che non è proprio così. Dipende! Per ora molte cose non sono diverse da come erano prima.
Che pesca che fa? Se stringo le mani degli altri, se gli altri mi aiutano, la mia pesca, la nostra pesca sarà abbondante. Mi piace sottolineare una cosa in questo passaggio. Abbiamo sentito dall’attore, che impersonava l’apostolo Pietro, una spiegazione quasi midrashica che non c’è nel Vangelo canonico: il pesce abbondante è stato poi distribuito a coloro che erano accorsi sulla spiaggia. Nella sua narrazione, Sarubbi ha sviluppato il racconto in una sorta di vangelo apocrifo, e con un’intuizione bellissima ha raccontato che a Cafarnao, sulla riva del mare, Gesù si mette a far distribuire dai discepoli tutto il pesce a coloro che erano presenti sulla spiaggia, regalandolo gratuitamente. Questo certamente non è lontano dallo spirito del Vangelo, anzi il nostro attore ha inscenato con canti e balli sul palco, la festa che ne è venuta per la gioia della pesca abbondante. La pesca è stata abbondante non solo per Pietro e i discepoli e neppure solo per la suocera, che forse pensava di tenerla tutta per sé, ma è stata abbondante proprio per tutti.
- Lo stupore della meraviglia: sono povero anch’io come gli altri
8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone.
È interessante notare ancora una volta il gioco tra singolare e plurale. Pietro si scopre peccatore, perché non voleva tornare in mare a pescare e non aveva bisogno che Gesù gli insegnasse il mestiere, ma il Signore lo provoca all’interno della sua professione, dentro la realtà nella quale si sente esperto e a partire dal suo mestiere, dal suo progetto di vita, dal suo sogno, gli fa riconoscere la sua povertà, come si scoprono poveri anche tutti gli altri discepoli. È solo con questo stupore che inizia la vita in formato grande. Si diventa adulti, quando si riconosce la propria povertà, la propria fragilità, ciò che manca e deve ancora venire.
È uno stupore contagioso – mi si permetta la battuta – più veloce del Covid! Perché ci fa stupire che la pesca abbondante può contagiare gli altri, anzi li attrae a seguire. Vi auguro nella prossima estate dopo aver fatto molte cose per la Missione, per la Caritas, per gli Ucraìni o per i ragazzi dei nostri Grest, possiate dire che in quest’anno 2022, dopo due anni di sosta forzata e di sequestro, la nostra pesca è stata abbondante. Che pesca che fa!
- E se ti cambiasse il futuro? Tira a terra, lascia, segui
Terminiamo il racconto:
“Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”.
Anche in questo passaggio notate l’alternanza del singolare e del plurale. “Non temere Simone, d’ora in poi tu sarai pescatore di uomini. E (essi) tirate le barche a terra lasciarono tutto e lo seguirono. Si tratta, insomma, di tirare la nostra barca a terra, di lasciare tutto e di seguirlo.
Termino con un ricordo. Era l’11 d’ottobre del 1973: qui a Orta San Giulio, un’esile donna arrivò con cinque sorelle e ne trovò una sesta, una donna (oggi novantenne) che si sarebbe unita a loro all’imbarcadero, per andare verso l’isola (San Giulio). Sono trascorsi quasi cinquant’anni e oggi le sorelle monache sono una settantina solo qui a san Giulio. Hanno già fondato una comunità a Saint-Oyen e sono subentrate ad altre tre: a Fossano, a Piacenza e a Ferrara. In tutto, oltre cento monache. È un caso unico in Italia!
Stasera abbiamo potuto ascoltare la loro preghiera: per loro, la pesca è stata abbondante. Prima dal Monte Mesma, dove sono stato dai frati minori per un saluto, mi ripetevo ancora una volta: che ne sarebbe stato dell’isola se non fossero arrivate le monache? Forse una SPA, una beauty farm?! È bello che il giorno di San Giulio, alla fine di gennaio, arrivino tutti i sindaci della zona, per ringraziare il Signore che un gruppo di donne hanno creduto all’invito di Gesù di prendere il largo, e sono diventate tante, tantissime: non esiste una realtà così numerosa in Italia! Le ringraziamo, mentre forse ci stanno ascoltando, ma in ogni caso ci sono vicine. E noi vorremo essere da meno di loro?
+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara