Speranza, coraggio, accoglienza: i tre messaggi per l’oggi di San Giulio

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E’ stata celebrata questa mattina, nella basilica dell’Isola, la festa patronale di San Giulio. Presenti numerosi fedeli, con le autorità del territorio e l’intera comunità claustrale benedettina.

A presiedere la celebrazione, il vicario generale don Fausto Cossalter, che ha portato i saluti del vescovo Franco Giulio Brambilla, che tra pochi giorni – il 10 febbraio – presiederà la celebrazione della benedizione abbaziale di suor Maria Grazia Girolimetto, neo eletta abbadessa, che subentrerà così ufficialmente a madre Anna Maria Cànopi.


A questo link la Fotogallery della celebrazione


Tre i punti sui quali don Cossalter si è soffermato nell’omelia, commentando le letture e accostandole alla figura del sacerdote santo che per primo, con il fratello Giuliano, portò il vangelo nel Cusio.

Il primo è un «messaggio di speranza», di cui è simbolo stesso l’isola, «che da Giulio in poi è diventata il punto di irradiazione della forza del Vangelo che ha trasformato il territorio. Ancora oggi ci sono sentinelle che annunciano non catastrofi, ma pace e consolazione a tutti, che ci dicono che anche in questo tempo il Signore “regna”, che è con noi, cammina con noi, rialza le rovine di questo tempo, delle nostre città, delle nostre relazioni, della nostra speranza e vi costruisce una città forte».

Il secondo riguarda proprio il coraggio evangelizzatore del santo, esempio per tutti i sacerdoti e per tutta la comunità cristiana  : «Cosa direbbe oggi Giulio alla nostra Chiesa novarese? Ci spronerebbe ad avere coraggio, a non temere di essere rimasti in pochi, a osare, a non chiuderci nelle nostre piccole certezze, ma a incontrare gli uomini e le donne, i giovani e le famiglie per ascoltarli, per porgere loro con delicatezza una Parola che non ci appartiene e che va donata a tutti».

Infine, il messaggio per chi ha responsabilità nella cosa pubblica: «Questo lago, con i suoi paesi che su di esso si affacciano, sono per vocazione ospitali verso coloro che qui vengono a ristorarsi. Ancora oggi, ciascuno per la sua parte, siamo chiamati a camminare insieme per rendere le nostre comunità più ospitali per tutti, attraverso l’impegno per il lavoro dei giovani, il sostegno del volontariato, la cura del territorio, rendendo così questa terra ancora più bella e attraente, sia per chi vi abita, sia per chi la visita ripartendo corroborato nel corpo e nello spirito».

Di seguito il testo integrale dell’omelia del vicario generale.

 

OMELIA PER LA FESTA DI SAN GIULIO

Orta, Isola San Giulio, 31 gennaio 2019

Desidero anzitutto porgere i saluti più cordiali alla Madre Abbadessa emerita Anna Maria, alla Abbadessa eletta Maria Grazia, e a tutte le monache della comunità monastica dell’Abbazia Mater Ecclesiae che non soltanto abitano stabilmente, ma ogni giorno dell’anno rendono quest’isola viva e feconda con il loro lavoro e la preghiera secondo la regola di San Benedetto.

Un caro saluto lo rivolgo a voi Amministratori delle comunità che si affacciano sul lago che non avete voluto mancare a questo appuntamento; ai sacerdoti presenti e a tutti i fedeli che sono giunti per venerare san Giulio. A ciascuno di voi porto anche il saluto, l’augurio e la preghiera di mons. Vescovo spiritualmente unito a noi.

Quando si percorre la strada che costeggia questo splendido lago o le altre strade sulla costa dei monti che lo circondano, lo sguardo è sempre rapito dalla visione di quest’isola, che come un punto magico ci affascina. Da questa vista scaturisce un senso di pace e di bellezza che ristora gli occhi e il cuore. Ma la bellezza della natura, pienamente armonizzata con la bellezza architettonica e decorativa dell’ingegno dell’uomo, diventa un richiamo irresistibile a lasciarsi avvolgere da un’altra vera bellezza che qui è proclamata e offerta a tutti, la bellezza di Dio. San Francesco (e non è un caso che questa terra ne porti la memoria attraverso la presenza dei suoi frati al Monte Mesma e al Sacro Monte di Orta), “nel bello delle creature vedeva il Bellissimo”.

Secondo quanto racconta una leggenda, quest’isola tanti anni fa non era altro che uno scoglio abitato da serpenti e mostri. Nel 390 San Giulio giunse qui, trasportato dal suo mantello, e fondò la sua chiesa. Da allora da quella chiesa costruita con pietre vive, si è irradiata in tutto il territorio la forza del vangelo che ha permeato e ha reso questo luogo ancora più bello.

Oggi siamo qui in tanti a ripetere un gesto necessario: tornare alle sorgenti di ciò che siamo, attingere alla bellezza che ci rinfranca e ci rilancia nella nostra missione. Lo fa la nostra Chiesa novarese che riconosce in Giulio, unitamente al fratello Giuliano, il primo evangelizzatore di queste terre; lo fanno gli Amministratori delle comunità che fanno corona al lago e che si riconoscono eredi di una gloriosa tradizione non solo religiosa ma anche civile; lo fanno le monache che qui vivono dando ancor più bellezza a questo luogo, perché lo riempiono della lode al Creatore rendendosi intercessori per tutta la Chiesa; lo fanno i sacerdoti e i molti pellegrini che cercano una roccia sicura nel loro cammino; lo fanno anche tanti turisti magari inizialmente distratti, ma che ripartono affascinati dal bello incontrato.

Vorrei proporvi ora qualche riflessione che colgo dalla Parola di Dio e dal ricordo di san Giulio come dono da portare con noi per questa giornata.

1. Il primo è un messaggio di speranza per tutti:Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme” (Is 52, 9a). È come un grido, quello ascoltato nella prima lettura. L’espressione “rovine di Gerusalemme” ci permette di riferire queste parole a un contesto preciso: Gerusalemme era stata devastata dalle truppe di Nabucodonosor nel 587 a. C., e, come tutte le truppe vittoriose dell’epoca, avevano commesso degli orrori: distruzione, saccheggi, profanazioni… e infine la conseguenza della deportazione a Babilonia che si è trasformata in un esilio durato cinquant’anni. Davanti a tanta desolazione chi avrebbe mai potuto credere di rivedere il proprio paese? Ed ecco che ora il profeta annuncia il ritorno. Dice: “Il Signore ha consolato il suo popolo” (Is 52, 9b), e ci parla di un messaggero che andrà ad annunziare la buona notizia a Gerusalemme e di una sentinella che dall’alto delle colline di Gerusalemme vedrà ritornare la colonna dei deportati.

Un messaggero a piedi che corre e una sentinella: due personaggi che facciamo fatica a rappresentarci oggi in un tempo di telecomunicazioni trionfanti… Ma nel mondo antico non c’erano altri mezzi… Isaia immagina la sentinella posta sulle mura della città o sul monte degli ulivi che vede venire di collina in collina il messaggero che porta la notizia: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza” (Is 52, 7).

Anche su quest’isola, che da Giulio in poi è diventata il punto di irradiazione della forza del Vangelo che ha trasformato il territorio, ancora oggi ci sono sentinelle che annunciano non catastrofi, ma pace e consolazione a tutti, che ci dicono che anche in questo tempo il Signore “regna”, che è con noi, cammina con noi, rialza le rovine di questo tempo, delle nostre città, delle nostre relazioni, della nostra speranza e vi costruisce una città forte. Questo è possibile se diamo fiducia a una Parola sempre nuova da accogliere, sulla quale costruire saldamente, come su roccia sicura, la nostra vita. E se le monache per vocazione sono le sentinelle e i messaggeri, tutta la nostra Chiesa, e quindi ciascuno di noi, è chiamato ad esserlo per questo tempo.

2. Il secondo messaggio lo raccolgo dalla figura di San Giulio, e lo rivolgo a noi preti, e a tutte le nostre comunità cristiane.

Giulio è stato un evangelizzatore e un missionario, un uomo appassionato che si è lasciato afferrare da una Parola che lo ha portato perfino a uscire dalla propria terra per seguire un invito preciso: “Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo” (Mc 16,15). Questa missione non è finita, anzi è più che mai necessaria oggi. Questo tempo ha bisogno di parole di Vangelo capaci di inquietare e di sanare le molte ferite, ha bisogno in particolare di comunità cristiane dove la comunione tra sacerdoti e laici diventi testimonianza credibile e affascinante del Signore Gesù.

Cosa direbbe oggi Giulio alla nostra Chiesa novarese? Ci spronerebbe ad avere coraggio, a non temere di essere rimasti in pochi, a osare, a non chiuderci nelle nostre piccole certezze, ma a incontrare gli uomini e le donne, i giovani e le famiglie per ascoltarli, per porgere loro con delicatezza una Parola che non ci appartiene e che va donata a tutti.

E a questo proposito la seconda lettura illumina questa missione dicendoci di lavorare ciascuno secondo le nostre forze e capacità per far crescere la comunione nella chiesa. “A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo” (Ef 4, 7). Perché è attraverso questa comunione che si costruisce poco alla volta la pienezza della statura di Cristo in questo mondo. Non si tratta solo di avere relazioni cordiali, ma di vivere il comandamento dell’amore di Dio e di mettere in atto la carità tra i membri della chiesa.

3. Un terzo messaggio desidero rivolgerlo ancora – come ho già fatto a Gozzano, – a tutti coloro che servono la vita amministrativa e la società civile di queste terre, gli Amministratori che curano il bene comune nelle diverse comunità. Ho già ricordato come Giulio venendo tra noi abbia reso questa terra ospitale scacciando ciò che la infestava e la rendeva inabitabile. Questo lago, con i suoi paesi che su di esso si affacciano, sono per vocazione ospitali verso coloro che qui vengono a ristorarsi… ma noi abbiamo ben più che soltanto bellezze naturali o storiche da offrire; abbiamo la vita concreta di comunità rispettose, accoglienti, attente a ciascuno. La nostra storia ha sempre visto un intreccio fecondo tra società civile e religiosa; le numerose (un tempo più di oggi) comunità di religiosi e religiose che costellavano quasi tutti i paesi qui intorno, ne sono un segno. Ancora oggi, ciascuno per la sua parte, siamo chiamati a camminare insieme per rendere le nostre comunità più ospitali per tutti, attraverso l’impegno per il lavoro dei giovani, il sostegno del volontariato, la cura del territorio, rendendo così questa terra ancora più bella e attraente, sia per chi vi abita, sia per chi la visita ripartendo corroborato nel corpo e nello spirito.

La roccia che emerge dal lago e sulla quale è costruita questa basilica, sia per noi un invito a non dimenticare le radici sulle quali siamo fondati, a ricordare da dove veniamo e chi sono stati i nostri padri nella fede, per continuare quella storia sacra che qui è nata e che ora è affidata a noi, per offrire agli uomini e alle donne di oggi una casa sicura dove incontrare il Signore, che è la nostra salda roccia.

San Giulio ci ha portato la gioia del vangelo: ci aiuti ad esserne degni testimoni per l’oggi.

Don Fausto Cossalter
Vicario generale
Diocesi di Novara