Dopo l’omelia avverrà la Proclamazione della Beata Panacea, Patrona della Valsesia che porta a compimento la lunga serie di gesti di venerazione e di culto che Quarona e Ghemme, e poi la Valsesia tutta, ha da sempre tributato alla giovane ragazza, forse quindicenne, uccisa dalla matrigna intorno al 1383. Non è del tutto convincente però l’accostamento all’eterna fiaba di Cenerentola, incentrata sullo schema della figliastra innocente e della matrigna cattiva, perché ne manca un tratto qualificante: l’esito felice del racconto, coronato dalle nozze con il principe.
Nella vicenda della Beata Panacea, invece, il risultato è tragico e la fa essere una storia vera: una storia di santa innocente, vittima del male umano e dei legami famigliari distorti. Per questo le genti della Valsesia l’hanno sempre venerata nel culto, nell’iconografia attraverso affreschi, dipinti e quadri e nel racconto della sua vita con moltissime biografie, modello per molte generazioni che vi hanno specchiato il loro destino di popolazione, dedita alla pastorizia, i cui frutti (la lana, i tessuti, le stoffe e i manufatti) hanno reso la valle, che va dal riso al Rosa, famosa nel mondo. [Prosegui la lettura nel PDF allegato]