“In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta”. (Lc 1,39-40)
Mi ha sempre colpito l’inizio del Vangelo della Visitazione, perché come è narrato nel brano di Luca, Maria, nonostante sia ormai in attesa di Gesù, non esita a mettersi in cammino e si muove per andare dalla cugina, anch’essa nella stessa condizione, ma avanti di sei mesi. La Vergine non adduce come scusa per restare a casa la propria condizione di gravidanza. Quando un’altra persona è nel bisogno e quando quel bisogno ha il nome della vita che sta sbocciando, Maria si mette in strada per andare a trovare la cugina Elisabetta. Questa scena ha impressionato e ispirato anche molti pittori – tra questi, per esempio, Tanzio da Varallo/Antonio d’Enrico (1582-1633), discepolo di Gaudenzio Ferrari, che a Vagna nei pressi di Domodossola ci ha lasciato una bellissima rappresentazione della Visitazione – perché quell’incontro è considerato da sempre la grande icona della carità. Quella carità che attrae come un magnete, quando c’è la vita da sostenere e che ci fa mettere in strada. Non è una strada facile, perché per andare da Nazareth verso la Giudea si deve percorrere una strada montuosa, come specifica anche il testo (“… verso la regione montuosa”). [Prosegui la lettura in PDF]