Come Anna e Simeone, l’esperienza della vita consacrata

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Come Simeone e Anna, che in apparenza sembrano essere chiamati a preparare la via del Signore, ma che in realtà si scoprono illuminati per primi dalla sua venuta.

E’ l’esperienza della vita consacrata, fatta di dono, attesa, qualche volta delusa, e che eppure è sempre in grado di stupire, su cui mons. Franco Giulio Brambilla ha richiamato l’attenzione nella sua meditazione sul Vangelo della Presentazione di Gesù al Tempio, in occasione della celebrazione in diocesi della Giornata mondiale della Vita consacrata, celebrata in Seminario lo scorso 1° febbraio.


I due vecchi… e il bambino Gesù
Omelia della Presentazione di Gesù al tempio Per la Giornata mondiale della vita consacrata
01-02-2020
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« È come se fossimo Simeone e Anna – ha detto il vescovo -. Nella nostra azione abbiamo preparato la strada della vita di molte persone per la venuta del Signore, ma alla fine abbiamo scoperto – non so se avete fatto anche voi questa esperienza: quelli ai quali abbiamo prestato particolari cure talvolta ci hanno deluso e lasciato; e altri per i quali non avremmo scommesso nulla, invece sono diventati disponibili – abbiamo fatto la stessa esperienza di Simeone e Anna: “sembra” che fossero essi a preparare la via al Signore, ma alla fine è stato Gesù che ha consentito loro di essere presenti alla sua venuta».

Di seguito il testo integrale della sua omelia.


 

I due vecchi… e il bambino Gesù

Omelia della Presentazione di Gesù al tempio per la Giornata mondiale della vita consacrata

 La festa della Presentazione del Signore è tradizionalmente legata alla vita religiosa. Oggi, infatti, ricorre la XXIV giornata mondiale della vita consacrata. La liturgia ci presenta una pagina del vangelo di Luca che è un racconto abbastanza disteso.

 

Il dittico dell’infanzia

Il vangelo di Luca organizza i due capitoli dell’infanzia (Lc 1-2) come un grande dittico. Sulla prima tavola del dittico sono collocati gli episodi che si riferiscono a Giovanni Battista; sulla seconda tavola gli episodi che riguardano Gesù. Tuttavia nella disposizione della lunghezza o della brevità degli episodi si realizza una strana alternanza tra “racconti” e “notizie” – il racconto è lungo, la notizia è breve – dosati in modo tale che il racconto e/o la notizia corrispondano al personaggio. Ad esempio: alla circoncisione di Giovanni Battista, descritta in un racconto dialogato, corrisponde la sola notizia della circoncisione di Gesù, perché è un rito in uso dell’Antico Testamento; mentre al racconto lungo della nascita di Gesù, di venti versetti, corrisponde una breve notizia della nascita di Giovanni Battista. Questa alternanza è stata scoperta da mons. Enrico Galbiati, il “patrono” dei biblisti italiani, che l’aveva osservata nelle “strutture letterarie” del libro dell’Esodo e poi l’ha applicata nelle strutture parallele del Vangelo dell’infanzia di Luca.

L’“organizzazione” dei due capitoli del vangelo dell’infanzia sembra un commento narrativo, per così dire, a un solo versetto attribuito a Gesù adulto: «Tra i nati di donna, non ne è sorto uno più grande di Giovanni Battista, tuttavia il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di lui» (Mt 11,11; Lc 7,28). Il vangelo dell’infanzia sembra dunque organizzato secondo la regola del “più grande”. Nella prima colonna si illustra in modo narrativo: “tra i nati di donna non ne è sorto uno più grande di Giovanni il Battista”; nella seconda colonna, invece, sembra illustrata la seconda parte dell’espressione: “ma il più piccolo nel Regno dei Cieli, è più grande di Lui”. Nell’impostazione generale di questi due lunghissimi capitoli, si comprende l’ampiezza del testo di oggi, che sta sulla seconda colonna riguardante Gesù. Questo strano episodio a prima vista sembra trasgredire questa regola, perché di per sé la Presentazione di Gesù al Tempio è un rito che adempie l’Antico Testamento, e tuttavia si riferisce al bambino Gesù, in quanto egli è il primogenito che, dopo quaranta giorni doveva essere presentato al Tempio, per essere riscattato secondo la Legge.

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore (la Torah del Signore): Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. (Lc 2,22-24)

Possiamo notare nel racconto il ritorno martellante dell’espressione: “la Legge del Signore”. È la legge del primogenito ed è forse per questo che nel brano precedente si dice che Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito”. Questa affermazione ha creato molti problemi agli esegeti, perché l’espressione darebbe adito alla supposizione che ci siano dopo Gesù altri fratelli. Ma il ritrovamento in Egitto (Tell el-Yahudiya) di una tavoletta, sulla quale è scritto che una donna è morta dando alla luce il suo primogenito, spinge a cercare in altra direzione. Infatti, l’attenzione di Luca posta sul primogenito indica che su di lui si posa la predilezione di Dio, come ci ricorda anche l’episodio dell’“intrigo” tra Esaù e Giacobbe. (cfr. Gen cc. 25-28). Nel primogenito si trasmette la benedizione di Dio che inserisce nel popolo dell’alleanza.

 

Simeone ed Anna

Questo è il quadro, la circostanza storico-teologica, nella quale sono introdotti due personaggi. Luca ama introdurre sempre un uomo e una donna – è quasi un sostenitore ante litteram della parità di genere –: nel nostro testo si tratta prima di Simeone e poi di Anna.

Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo…” (Lc 2,27)

Di seguito la stessa situazione si riproduce per Anna. Entrambi sono descritti come carichi di anni. È la raffigurazione plastica dell’attesa dell’Antico Testamento, rappresentato da quest’uomo e da questa donna. Si potrebbe dire che è una condizione singolare, perché i due sono molto anziani, attendono da un lungo tempo, anzi essi aspettano la redenzione d’Israele. Ciò è espresso anche nel Cantico, che si recita ogni sera prima del riposo notturno, e che ci permette di esprimere pensieri e preghiere che da soli probabilmente non saremmo in grado di dire. Il Cantico è messo sulla bocca di Simeone:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

preparata da te davanti a tutti i popoli:

luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele». (Lc 2, 29-32)

 

Ecco, dunque, le due figure che il Vangelo ci presenta. Attraverso di esse, vi offro qualche spunto di riflessione, dopo aver ricostruito in modo storico-narrativo il brano che è stato proclamato. Se da una parte l’Antico Testamento sembra preparare con la sua lunga attesa, carica di anni, come dimostra l’insistenza sull’età dei due personaggi, la venuta del Signore, in realtà è la venuta del Signore che dà a loro la possibilità di accoglierla. A noi è dato il compito e la gioia di essere coloro che preparano la via del Signore, ma alla fine la sorpresa sta nel fatto che Egli ci precede anche nella nostra attesa di Lui, persino nel preparare la sua venuta con la nostra storia, nel portarla – come Simeone ed Anna – sulle nostre spalle cariche di anni.

 

Il bambino tra le braccia

C’è un bellissimo testo liturgico, presente sia nel rito romano che in quello ambrosiano, che si esprime così: pareva fosse Simeone a sostenere tra le braccia Gesù, ma in realtà era Gesù a guidare Simeone (“Senex puerum portabat: puer autem senem gerebat”, antifona al Magnificat dei Primi Vespri; versetto dell’Alleluia della messa del giorno nel rito romano). L’Antico Testamento, significato dalla grande parabola di anni dei due personaggi, sembra tenere in braccio il Nuovo, pare portarlo e offrirlo a tutti noi, mentre alla fine ci si rende conto che la novità di Gesù è il motore invisibile che sostiene e anima la nostra attesa.

Nella nostra vocazione religiosa portiamo in noi tutte e due questi atteggiamenti – abbiamo sentito il lungo elenco di molti anni di professione di vita religiosa – dedicando tutta la vita a questo ideale, ma alla fine, ed è anche ciò che ci dà la gioia e la soddisfazione di tali traguardi, abbiamo cercato di portare il Signore, di sostenerlo tra le nostre braccia, di portarlo un po’ agli altri, nelle molte situazioni della vita a seconda delle caratteristiche e delle peculiarità di ogni Istituto (come ad esempio l’evangelizzazione, l’educazione dei giovani, la carità ai sofferenti). È come se fossimo Simeone e Anna. Nella nostra azione abbiamo preparato la strada della vita di molte persone per la venuta del Signore, ma alla fine abbiamo scoperto – non so se avete fatto anche voi questa esperienza: quelli ai quali abbiamo prestato particolari cure talvolta ci hanno deluso e lasciato; e altri per i quali non avremmo scommesso nulla, invece sono diventati disponibili – abbiamo fatto la stessa esperienza di Simeone e Anna: “sembra” che fossero essi a preparare la via al Signore, ma alla fine è stato Gesù che ha consentito loro di essere presenti alla sua venuta. Anche il dilungarsi dell’attesa, talvolta accompagnata dallo scoramento e persino dalla noia, è stata invasa improvvisamente dalla gioia di portare tra le braccia il Signore, sentendosi sostenuti e sollevati da Lui. Gesù da adulto ha proclamato: “tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni il Battista, ma il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di lui”. Il più piccolo è Gesù e tutti coloro che lo seguono. Anche noi siamo tra questi, e solo così siamo più grandi di Giovanni: se teniamo tra le braccia Gesù, lasciandoci guidare da Lui.

Grazie e auguri a tutti!

+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara