«Gesù, liberaci dal maligno!» Messa in suffragio di don Giussani

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Lo scorso lunedì 20 febbraio, nella chiesa parrocchiale di Arona, il vescovo Franco Giulio ha presieduto una messa in ricordo di don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione.

Di seguito riportiamo il testo integrale della sua omelia.

Gesù, liberaci dal maligno!

Messa in suffragio di don Luigi Giussani

Tre espressioni di forma e senso interrogativi formano l’ordito del Vangelo del giorno, appena proclamato. Il racconto approda, attraverso una sorta di scala ascendente, all’affermazione finale di Gesù, piuttosto impressionante:

“Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera”. (Mc 9,29)

Lo scorso anno ci aveva accompagnato l’episodio dell’emorroissa (Lc 8,43-48),  con cui abbiamo riflettuto sul passaggio che sta avvenendo, in riferimento alla situazione attuale di Comunione e Liberazione, tra la proposta di un cristianesimo che si rivolge ai non credenti, ai mal credenti o a coloro che negano l’esistenza di Dio, a cui l’opera di don Giussani “Il senso religioso” cercava di rispondere mediante un’interlocuzione molto forte, e la necessaria riscrittura di tale percorso per gli indifferenti. Quel testo ha accompagnato per quarant’anni non solo la vostra riflessione e il vostro approfondimento, ma anche quella di coloro che volevano tentare una presentazione del cristianesimo che avesse come interlocutore il non credente, soprattutto per l’ambiente giovanile nella scuola. Lo scorso anno vi ho invitato a fare il passaggio, con l’esigenza di riscrivere e riformulare il testo di Giussani, cambiando la mira sul destinatario: dal non credente all’indifferente.


Gesù, liberaci dal maligno!
Messa in suffragio di don Luigi Giussani
20-02-2023
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A tal proposito cito l’esperienza di un nostro parroco, incaricato come esorcista diocesano, che mi ha raccontato la fenomenologia di alcuni casi per fortuna rari – poiché la maggior parte sono rappresentati da situazioni umane che necessitano di molto ascolto, a cui il sacerdote dedica ogni settimana un giorno intero – nei quali la descrizione dei gesti e delle manifestazioni demoniache impressiona fortemente. Il nostro testo per come è narrato ci consegna a più riprese la descrizione plastica – come in un video – di un episodio di liberazione dal demonio:

  1. L’esperienza dello scacco

A tal proposito cito l’esperienza di un nostro parroco, incaricato come esorcista diocesano, che mi ha raccontato la fenomenologia di alcuni casi per fortuna rari – poiché la maggior parte sono rappresentati da situazioni umane che necessitano di molto ascolto, a cui il sacerdote dedica ogni settimana un giorno intero – nei quali la descrizione dei gesti e delle manifestazioni demoniache impressiona fortemente. Il nostro testo per come è narrato ci consegna a più riprese la descrizione plastica – come in un video – di un episodio di liberazione dal demonio:

“Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce”. (…) subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. (…) anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo (…) Gridando e scuotendolo fortemente, uscì”. (Mc 9,18.20b.22.26).

Tre sono le domande che attraversano il testo: la prima è riferita ai discepoli.

“(uno dalla folla) Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti”. Egli allora disse loro: “O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?” (Mc 9,17-18).

È interessante notare come nel breve volgere di un anno la domanda alla “generazione incredula” sia rivolta direttamente a noi! Attraverso questo passo faccio la prima proposta di riflessione. Tra le domande che emergono negli incontri con i sacerdoti in questo periodo, andando a trovarli a casa e fermandomi presso di loro, la più importante è questa: “Come possiamo oggi, soprattutto con i giovani, non tanto rendere interessante il cristianesimo, ma renderlo capace di guarigione, di sostegno, di accompagnamento, di crescita, di passaggio dallo stato di soggezione (addirittura di schiavitù), perché diventi un messaggio di liberazione, di gioia, di slancio, che riempie anche la vita?”.

La prima cosa su cui il Vangelo di oggi ci fa prendere la misura è il senso del limite. Infatti, i discepoli avevano tentato da soli di scacciare quel demonio, ma non ci erano riusciti.

“Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti” (Mc 9, 18b).

È un’esperienza che sentiamo come minacciosa anche dentro di noi, perché pur con la nostra preparazione, la nostra buona disposizione e con tutti i “marchingegni” con cui tentiamo di puntellare il Vangelo, la situazione non sembra migliorata. Anche riguardo al nostro tempo sentiamo questo disagio, dopo tre anni dall’inizio della pandemia (il primo lockdown ebbe inizio il 7 marzo 2020). Lo testimonia il ritorno rarefatto alla vita della comunità, perché persino noi abbiamo illuso che si può partecipare in streaming al gesto costitutivo della comunità, che è l’Eucaristia, o guardandola e ascoltandola alla televisione, dispensando a mani larghe dalla presenza al rito. Ora si fa fatica a ritornare a una pratica in presenza, che invece è essenziale.

Dobbiamo quindi innanzitutto, come i discepoli, fare l’esperienza che noi non siamo stati in grado, non siamo riusciti a far riprendere la vita cristiana, perché il tempo è cambiato. Vediamo, dunque, cosa avviene in tale cambiamento.

  1. Come Gesù sta al centro della tua vita?

Il racconto riprende con una descrizione dell’evento, che è raccapricciante:

E glielo portarono. (…) . Gesù interrogò il padre: “Da quanto tempo gli accade questo?”. Ed egli rispose: “Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. Gesù gli disse: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”.  (Mc 9, 20a.21-23).

Nella nuova traduzione italiana l’espressione di Gesù (Se tu puoi!) ha un punto esclamativo, ma sarebbe più plausibile una domanda retorica di Gesù, quasi a dire: “Se tu puoi? Certo che sì, perché per chi ha la fede, tutto è possibile!”. Il testo greco non ha in origine alcuna punteggiatura, ma non è ardito supporre la forma interrogativa in senso retorico:

“Τὸ Εἰ δύνῃ, πάντα δυνατὰ τῷ πιστεύοντι…”

Se tu puoi? Tutto è possibile per chi crede!

Il secondo passo del nostro brano afferma che, mentre Gesù libera l’indemoniato (lo fa Lui e Lui solo), a fronte del fatto che i discepoli non ci sono riusciti, solamente per chi crede ciò è possibile. Anzi, capovolgendo la frase, il senso di quanto afferma Gesù è ancor più chiaro: ciò è reso possibile ed accade, perché solo in tal modo si rivela qual è la tua fede! Gli anni prossimi in effetti saranno rivelatori della qualità della nostra fede, più francamente qual è il Cristo a cui noi diciamo di credere. In altre parole: come è la qualità cristologica della nostra fede? Se è legata più alle nostre forze, al gruppo, alla coesione, alle forme visibili, o se la nostra fede crede possibile la liberazione dal male, la guarigione o il miracolo, perché siamo capaci di incontrare il Gesù vivente. Posso dire questo con certezza poiché conosco l’ambiente di Venegono, dove ho abitato quarant’anni. Negli anni del dopoguerra – il tempo di Giussani in seminario – è avvenuto un grande cambiamento, quando si è capito che il cristocentrismo era il “roveto ardente” della fede cristiana. Allora è importante che rispondiamo alla domanda: che tipo di Gesù è il nostro, e come crediamo in Lui?! Se Gesù è solo la facciata di qualcos’altro, si corre un forte rischio ed è facile che oggi sia così. Ecco allora il testo che prosegue quasi mettendoci in bocca la preghiera:

“Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: “Credo; aiuta la mia incredulità!””. (Mc 9,24)

Come ci è presentato nel vangelo di oggi, Gesù non può mai essere piegato alle nostre intenzioni, non si può mai mettere in tasca. Bisogna sempre riconquistarlo da capo. Se la nostra fede in Gesù, se la sua presenza ed importanza nei suoi gesti, nelle sue azioni, nel suo sguardo, nelle sue carezze, nella sua sofferenza, nella sua preghiera, nel suo rapporto con le donne, nella relazione con la Legge, è data presuntuosamente o ottusamente come cosa scontata e già acquisita e non è invece riscoperta di nuovo ogni giorno, dobbiamo dire sempre da capo come il padre del ragazzo: “Signore credo, ma tu aiuta la mia incredulità!”. Il nostro è un tempo nuovo per vedere se Cristo sta veramente “al centro”, anzi si dovrebbe dire se “c’entra”, se non è un Cristo periferico, se non interviene quando noi abbiamo denunciato il nostro scacco e il nostro smacco. È il Cristocentrismo che hanno illustrato maestri come Giacomo Biffi, Inos Biffi e Giovanni Moioli, che avevano capito che Cristo è il cuore del mondo, è il cuore di tutta la realtà (Pierre Teilhard de Chardin). Per usare un’immagine sportiva Cristo è il “titolare” della storia della salvezza, non entra solo nel secondo tempo per sistemare il risultato, perché la partita sta andando male! Cristo non sta in panchina nel primo tempo. Egli è la Sapienza di cui ha parlato la prima lettura (cfr. Sir 1,1-10), che costruisce l’ordito del mondo, è il Logos, è la Parola, è la Presenza, è il Senso, è la Vicinanza che dà colore a tutte le cose.

  1. Si scaccia solo con la preghiera

Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: “Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più”. Gridando e scuotendolo fortemente, uscì”. (Mc 9,25-26a) 

Gesù opera l’esorcismo e il ragazzo viene liberato dallo spirito impuro. La scena è descritta ancora con verbi “raccapriccianti”. A nulla possono certe riduzioni cinematografiche di fronte alla potenza del testo di Marco!

E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: “È morto”. (Mc 9,26b)

È ciò che può accadere anche oggi nelle manifestazioni più eclatanti di questi fenomeni, perché quando avviene la liberazione si è come morti, si è al punto zero della libertà.

Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi”. (Mc 9,27)

ὁ δὲ Ἰησοῦς κρατήσας τῆς χειρὸς αὐτοῦ ἤγειρεν αὐτόν, καὶ ἀνέστη.

Il testo greco, come si nota, usa gli stessi verbi che indicano la risurrezione, dapprima eghéiro/ἤγειρω (alzarsi) e poi anastaíno/ανασταίνω (alzarsi, risorgere). Pensate nel nostro testo sono citati entrambi i verbi del linguaggio di risurrezione. Essere liberati dal Maligno è veramente una risurrezione, non solo per il ragazzo, ma per tutta la famiglia. È Gesù che lo fa risorgere, lo mette in piedi e lo fa stare come Gesù alla destra di Dio!

Poi la narrazione continua:

“Entrato in casa,

nel vangelo di Marco, la “casa” è lo spazio nel quale si pongono le questioni per comprendere, è la casa/chiesa, il luogo dei discepoli, là dove si fanno le domande più intime e profonde:

i suoi discepoli gli domandavano in privato: “Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?”. Ed egli disse loro: “Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera” (Mc 9,28-29).

Gesù sembra dare ai discepoli “istruzioni” ben precise per come agire in queste situazioni!

Cari amici del movimento di Comunione e Liberazione, è giunto il tempo nei prossimi anni di una grande, profonda, interminabile preghiera: tutto ciò che rappresenta il vostro patrimonio va riscoperto non solo nelle frasi dette, ma anche nelle figure e nelle persone che sono i vostri riferimenti. Sarà un tempo nel quale i contenuti della vostra fede, della vostra compagnia, della vostra relazione, delle vostre azioni, comprese le opere sociali che avete messo o metterete in atto, dovranno essere conquistato non come un possesso facile, ma come qualcosa da chiedere sempre nella preghiera. Non come qualcosa che ci mette al sicuro, ma una cosa da tenere in mano con timore e tremore perché il testo sapienziale dei Proverbi dice:

“L’inizio (principio) della sapienza è il timore del Signore” (Pr 9,10)

Il timore non è la paura, ma è quel dono spirituale che conosce e sa che Dio non può mai essere posseduto, mai “messo in tasca”, ma può essere solo accolto nella gratitudine, nella fede e nella preghiera.

Buon cammino per questo anno!

+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara