Sabato 11 maggio – nel quadro delle iniziative per la festa del patrono di Intra e Verbania – nella Basilica di San Vittore si è tenuta l’inaugurazione ufficiale dei restauri compiuti negli ultimi 8 anni, che hanno permesso di restituire la chiesa principale di Verbania in tutto il suo splendore alla città.
Di seguito pubblichiamo l’intervento che il vescovo Franco Giulio ha tenuto in occasione della cerimonia.
Lo splendore del Barocco in un’epoca di crisi e cambiamento
Il Barocco è un movimento culturale sorto in Italia tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento che poi si è diffuso in tutta Europa nel mondo delle arti, della letteratura, della musica, e in numerosi altri ambiti, fino alla metà del Settecento. Tale corrente artistica fiorita a Roma nella prima metà del Seicento è rappresentata in modo eminente dall’opera di Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e Pietro da Cortona, con alcuni antesignani nel tardo Cinquecento (Veronese, Tintoretto e i Carracci) ma soprattutto da Caravaggio. Il Barocco è stato definito una «denominazione e qualifica dello stile secentesco: dapprima con senso dispregiativo, a indicare opera o forma goffa, pesante, strampalata, soprattutto artificiosa e involuta; oggi come designazione positiva e storica di quella civiltà letteraria e artistica (compresa tra il Rinascimento e l’Illuminismo)».
LO SPLENDORE DEL BAROCCO IN UN’EPOCA DI CRISI E CAMBIAMENTO
Intervento all’inaugurazione dei lavori di restauro della Basilica di San Vittore a Intra
11-05-2024 Download
Il termine “barocco” può essere fatto risalire a una duplice etimologia. La prima deriva dal francese baroque (cfr. Dictionnaire de l’Académie française, edizione del 1694), che ricalca il portoghese barroco e lo spagnolo barrueco, i quali stanno a designare la perla di forma irregolare. In questo senso il termine connota anzitutto una forma irregolare, bizzarra, artificiosa, persino ridicola, con le sue ricadute estetiche e psicologiche. La seconda si riferisce a una forma del sillogismo scolastico in “baròco”. Nel linguaggio della scolastica “baroco” è la seconda figura del sillogismo, quello nel quale la premessa maggiore (indicata con la A di “ba”) è universale affermativa, mentre la premessa minore (indicata con la O di “ro”) e la conclusione (indicata con la O di “co”) sono particolari negativi. Tale struttura dà vita a un ragionamento che non è falso, ma è appare stravagante e superfluo (per esempio: tutti gli uomini sono razionali; alcuni animali non sono razionali; alcuni animali non sono uomini).
L’uso del vocabolo da parte dei critici e degli storici dell’arte risale comunque alla seconda metà del Settecento (si veda Francesco Milizia «Barocco è il superlativo del bizzarro, l’eccesso del ridicolo. Borromini diede in delirii, ma Guarini, Pozzi, Marchione nella sagrestia di S. Pietro ecc. in barocco»; «Borromini in architettura, Pietro da Cortona in Pittura, il Cavalier Marino in poesia, son la peste del gusto» 1797). Riferita inizialmente alle arti figurative, l’espressione viene successivamente applicata anche alla letteratura e ad altri ambiti.
La categoria estetica e culturale del “barocco” è stata a lungo caratterizzata in modo svalutativo. Ancora Benedetto Croce asseriva che l’espressione “arte barocca” doveva ritenersi contraddittoria. Dell’arte barocca si sottolineava pressoché esclusivamente «l’esaltazione dei moti fisici e spirituali oltre ogni norma di classica contenutezza, l’ampollosità, il desiderio di meravigliare con spettacolose, illusive scenografie e invenzioni stravaganti e inattese». Fra i primi a proporre una decisa rivalutazione del Seicento artistico e delle sue propaggini settecentesche, va segnalato Heinrich Wölfflin, alla fine del XIX secolo cercò di isolare i caratteri propri del barocco contrapponendoli allo stile rinascimentale: forme aperte nell’arte barocca contro forme chiuse in quella rinascimentale, profondità contro superficie, dinamismo contro staticità, ecc. Non molto più tardi Werner Weisbach individuava nella sensibilità barocca una nuova, inquieta, visione del mondo, legata ai rivolgimenti religiosi del XVI secolo, Riforma protestante e soprattutto Controriforma cattolica (Giulio Carlo Argan arriverà a definire il Barocco «una rivoluzione culturale in nome dell’ideologia cattolica»); non solo uno stile artistico, dunque, ma una fase della civiltà.
Vorrei proporre una lettura dell’età del Barocco che la collochi entro i rivolgimenti della modernità, per comprendere come, nel breve volgere di tempo, si passi dall’armonia e dalla solarità del Rinascimento allo splendore e alla magnificenza del Barocco. Esso si comprende ad un tempo come frutto di tre rivoluzioni che sfociano in tre separazioni e come tentativo di rielaborazione e metabolizzazione estetica e culturale di esse.
Tre rivoluzioni
La modernità nasce sotto il segno di tre rivoluzioni: geografica, scientifica e religiosa, che decentrano rispettivamente l’unicità dell’Europa, la centralità della terra, l’unità della fede cristiana. Sono tre cambiamenti strutturali che, iniziati nel Cinquecento, giungono a maturazione nel Seicento con un primo tentativo di riassetto storico-culturale-politico, ma che poi sfoceranno nella seconda metà del Settecento con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, tentativo radicale di un nuovo cominciamento.
- La scoperta dell’America e la crisi dell’unicità dell’Europa. Il primo fatto storico e culturale ad un tempo è la scoperta dell’America, accaduta sul finire del Quattrocento (1492). Deve essere stato un evento dirompente sotto diversi profili. Anzitutto, l’apertura del Nuovo Mondo ha avuto una valenza economica e antropologica grandissima, aprendo nuovi fronti di risorse naturali e di esperienze umane, allargando nuovi spazi di influenza sociale e politica, ampliando il raggio d’azione delle nazioni europee con i territori di conquista, ma contestualmente ridisegnando la cartina dell’Europa con propaggini nelle Americhe e nelle Indie, che diventeranno sempre più grandi e più strategiche degli stessi confini nazionali. Spagna, Olanda e Inghilterra si svilupperanno gradualmente come nazioni multicentriche, indebolendo in modo irreversibile l’ideale del Sacro Romano Impero che era stato al centro del Medioevo. Sotto il profilo geografico e culturale l’unicità dell’Europa perde la sua singolarità: se essa è ancora al centro del dominio del mondo conosciuto, perde nondimeno la sua unicità e si diluisce nella contaminazione e nel meticciato con altri popoli.
- La fine del geocentrismo e la nascita della scienza moderna. La “rivoluzione copernicana” allude sia al titolo del libro di Copernico, De revolutionibus orbium caelestium libri VI (1543), sia al contenuto e al sistema sostenuto nella sua opera. Fino a Copernico rivoluzione era solo il termine tecnico con cui si descrivevano i moti celesti. Tuttavia, questi moti o rivoluzioni vengono concepiti da Copernico in un modo antitetico a quanto stabilito dal vecchio sistema del mondo, mettendo il Sole, anziché la Terra, al centro del cosmo. Questo fece sì che il termine, che fino ad allora aveva avuto un significato esclusivamente astronomico, si caricasse gradualmente del significato attuale. La terra perde il suo carattere di centro, attorno al quale tutto ruota. Ma la sua ricaduta sul metodo della conoscenza sarà decisiva. Il “metodo scientifico” si caratterizza per il metodo di approccio all’oggetto, come in modo emblematico dirà Kant due secoli dopo. Come Copernico si propose di indagare i movimenti celesti «facendo star fermi gli astri e ruotare l’osservatore», analogamente egli muove «dall’ipotesi che siano gli oggetti a doversi regolare sulla nostra conoscenza» (Critica della ragion pura, B XVI, 1781-1787). Kant otteneva così due risultati importanti: stabilire un rapporto positivo con la rivoluzione scientifica e nello stesso tempo sottolineare il carattere inevitabilmente soggettivo e ipotetico della nostra conoscenza. Nell’arco di due secoli la rivoluzione della scienza venne consacrata dalla riflessione filosofica che integrò la razionalità scientifica.
- La Riforma protestante e la perdita dell’unità della fede. La terza rivoluzione prende il nome di “Riforma” con l’aggiunta dell’aggettivo “protestante”. Il mondo cristiano aspirava all’unità politica, che si fondava soprattutto su quella religiosa, sul calco del Sacro Romano Impero. Anche se da tempo c’era stato uno scisma disciplinare tra Chiesa d’Occidente e Chiesa di Oriente (1054), non si dimentichi l’ultimo estremo tentativo di riconciliazione (Concilio di Ferrara e Firenze, 1438-1439). Con la rottura di Lutero e della Riforma Protestante (1520-1530) e la fissazione delle differenze con il Concilio di Trento (1545-1564) si opera una spaccatura graduale tra il Nord Europa (a prevalenza protestante e il sud Europa e paesi ad influsso latino (a maggioranza cattolica), che fa perdere l’unità della fede come principio anche della coesione sociale e politica. Tale rottura attraversava le nazioni, le città e i paesi e fu aggravata dalle guerre di religione (1572-1648). Per la prima volta nel mondo conosciuto la fede cristiana non fungeva più da principio d’unità.
Tre separazioni
A queste tre rivoluzioni corrispondono tre separazioni che sono il terreno di coltura e di nascita dell’età barocca: la separazione tra natura e soprannatura, la separazione tra ragione e fede; la separazione tra dottrina/morale e sentimento.
- Tra natura e soprannatura. La prima separazione avviene tra natura e soprannatura. Essa sembra essere la convergenza incrociata della prima e della terza rivoluzione. La scoperta dell’America (con il ritrovamento di uomini e donne a cui dover riconoscere dignità e diritti come egli europei) e la rottura della Riforma Protestante con la conseguente Controriforma Cattolica (il tutto aggravato da quasi un secolo di guerre di religione) fecero perdere alla fede il suo valore di principio di unità dei popoli (europei) e di fondamento all’ethos comune radicato nella mentalità biblica e teologica e nella morale cristiana. Ciò comportò la ricerca di un nuovo principio di unità culturale per l’Europa che si espresse nella comune “natura umana”, che rende gli uomini uguali, e nella formulazione del “diritto naturale” (il giusnaturalismo di Ugo Grozio, 1583-1645). Soprattutto, però, accentuò in sede filosofica e teologica il modello moderno del rapporto natura e soprannatura con la scolastica barocca (F. Suárez, 1548-1617), che definisce in modo autonomo la natura (umana), a cui si accosta la soprannatura, che diventerà così sempre più estrinseca, fino a diventare superflua nella teologia razionale del Settecento.
- Tra ragione e fede. La rivoluzione scientifica introduce gradualmente un modello di razionalità in cui la ricerca della verità passa da una qualità dell’oggetto alla correttezza del metodo: è scientifico ciò che rispetta la procedura di ricerca. Infatti, nella prima fase della modernità la nozione di verità si contrae nella ricerca della certezza: il suo rappresentante principale è Cartesio (1596-1650), con la sua opera fondamentale che è appunto il Discorso sul metodo (1637), concepito come introduzione “metodologica” ai trattati su la Diottrica, le Meteore e la Geometria. Questo decentramento della ragione dalla verità alla certezza troverà un altro acutissimo interprete in B. Pascal (1623-1662), che è testimone di tale figura paratattica di ragione e fede (diversa dalla successiva di stampo illuminista), con una soluzione però diversa perché intreccia in tutta la sua vasta opera esprit de géométrie ed esprit de finesse. Si tratta di due autori che esprimono bene il sentimento dell’epoca, tra l’altro piantati bene nel cuore dell’età barocca.
- Tra dottrina/morale e sentimento. Le prime due separazioni incideranno in modo singolare sulla terza, che forse può essere indicata come il nucleo generatore del Barocco e delle sue espressioni artistico-culturali. Si tratta della separazione tra vero-bene e bello o, detto in modo teologico, tra dottrina-morale e sentimento. La Riforma protestante e la Controriforma cattolica (anche se il Cattolicesimo ebbe una Riforma cattolica, anche prima della rottura con Lutero), di là della questione della difesa della verità integrale, configurò storicamente una situazione che si espresse nella teologia “controversistica” prima e “dogmatica” poi (F. Suarez, 1548-1617; R. Bellarmino, 1542-1621). Dottrina e morale furono poste sotto lo scarpone di ferro della controversia e del dogma, che avevano lo scopo far tacere l’avversario, più che far parlare la rivelazione. L’esposizione della fede era blindata nella sua formulazione dottrinale (la santa Inquisizione, domenicani) e nel suo controllo morale (i manuali dei confessori, gesuiti). Formulo l’ipotesi che le due blindature (dottrina e morale) abbiano lasciato libero campo al sentimento e all’estetica. Il Seicento, e quindi l’età Barocca, ha dato inizio ad altre due scissioni categoriali: tra dottrina ed estetica e tra morale e spiritualità. Il “sentimento”, espunto dalla ragione, si prende la sua rivincita, esplode in tutte le forme espressive dell’arte barocca che diventano stravaganti e paradossali (e talora eccessive) e le figure della spiritualità barocca che diventano mistiche (fino all’indifferenza del quietismo). L’età barocca (architettura, scultura, pittura, musica, letteratura) si “rap-presenta” come uno stile nuovo e la spiritualità diventa “fabula mistica” (De Certeau).
L’Età barocca
Il Barocco non è solo uno stile, ma segna di sé un’epoca, caratterizza cioè l’età barocca. Essa è contrassegnata dal legame stretto con la Controriforma cattolica, ma il suo destino fu quello di attraversare tutta l’Europa. L’età barocca è dunque un “sentimento del tempo”, non solo segna la fine del Rinascimento, ma introduce un vero e proprio cambiamento d’epoca dai tratti inconfondibili che attraversano ogni campo della vita, una specie di grande laboratorio che è il crogiolo in cui si amalgamano in Europa la durezza dello scontro religioso, la flessibilità della morale gesuitica, la nascita degli stati assolutistici, l’esplosione della splendore del bello eccessivo, stravagante, eccentrico, sovrabbondante, lasciato esplodere in tutte le sue manifestazioni, dall’architettura alla scultura, dalla pittura alla musica fino alla letteratura, paradossalmente libero nella pulsione del suo sentimento eccedente e paradossale, ma utilizzato dalla gerarchia ecclesiastica (ad es. San Carlo e i Sacri monti) nella guida degli strati sociali, popolari, borghesi e nobiliari, sotto l’egida delle monarchie assolutiste, per la sua capacità di stupire, meravigliare, persuadere, coinvolgere, emozionare, indirizzare la devozione e la spiritualità, nonché per inscenare la teatralità e spettacolarità della liturgia e della musica (ed es. Oratori musicali).
Il Barocco si presenta pertanto con una decisa rivalutazione degli elementi realistici, istantanei e particolari nella rappresentazione, ma anche l’attribuzione di uno statuto di dignità e autonomia all’immaginazione e al riconoscimento di un ruolo centrale alla capacità di persuadere. Si passa, nella lettura della Poetica di Aristotele, dall’imitazione della natura e al concetto di “finzione”. L’attenzione agli intenti persuasivi dell’attività creativa conduce inoltre all’affermarsi di un ideale retorico dell’arte, con la ricerca dei più svariati elementi espressivi e stilistici: l’efflorescenza decorativa, i giochi di luce, l’amplificazione, la torsione, la ricerca dell’arguzia, della sorpresa, la lievitazione del piano semantico e simbolico, ecc.
La cultura barocca è portatrice di un’innovativa apertura al concetto di infinità positiva (cioè non pura e semplice negazione del finito), posta in relazione con il dinamismo della realtà creativa. Come teorizzava Giordano Bruno: «Movimento e mutamento non sono segni di imperfezione, perché un universo vivente deve potersi muovere e mutare» nel suo Dell’infinito, universo e mondi (1584). Inoltre, l’età si pone angosciosi interrogativi sull’autentico senso dell’esistenza umana, avverte e trasmette l’inquietudine delle cose, un profondo e spesso oscuro senso di instabilità, a dispetto della finalizzazione di ogni aspetto dell’attività umana, inclusa la creatività artistica, ad maiorem Dei gloriam, secondo i dettami del Concilio di Trento. L’epoca del Barocco vede agitarsi in sé anche le istanze del nuovo sapere scientifico e della sua ricerca, alle cui suggestioni il mondo dell’arte e delle lettere restano tutt’altro che insensibili. Concentrandoci ora sull’arte barocca segnalo tre ambiti con alcuni esempi.
- L’architettura. Il “barocco” si riferisce all’ambito delle arti figurative, a partire dalle grandi opere architettoniche, scultoree e pittoriche realizzate nella Roma di Urbano VIII (1568-1654) da Bernini, Borromini, Pietro da Cortona e numerosi altri artisti loro affini possono essere indicati fra i precursori della sensibilità barocca figure come gli emiliani Annibale, Agostino e Ludovico Carracci o come il lombardo Michelangelo Merisi da Caravaggio.La nuova sensibilità introduce una tensione dinamica, che si esprime in una ricca gamma di soluzioni stilistiche, che sono le costanti della sintassi barocca: l’andamento curvilineo dei corpi architettonici, il sistematico ricorso alla figura bifocale dell’ellisse (contro la figura monofocale e statica del cerchio), l’adozione della colonna tortile e del frontone “rotto”, la plastica concitazione delle figure, il rigoglio vaporoso dei drappeggi, la proliferazione dell’ornamento, la dilatazione pittorica delle superfici ecc.
L’acuto senso della teatralità spinse gli artisti a concepire le proprie opere come scenografie drammatiche, ricorrendo a tutti gli espedienti necessari per creare il necessario pathos e suscitare lo stupore del pubblico. Di qui l’immenso repertorio di inganni prospettici e aperture fittizie dello spazio (celeberrimi quelli di Andrea Pozzo), moltiplicazioni dei punti di fuga, giochi chiaroscurali, policentrismi della composizione, sia essa architettonica, plastica o pittorica, ecc.
Sant’Ivo alla Sapienza fu tema difficilissimo per Borromini, condizionato dalla preesistenza del palazzo e del cortile già realizzati che lasciavano uno spazio quadrangolare molto limitato per far costruire la chiesa.
Da questi vincoli egli ricaverà un’occasione di grande libertà. È una pianta triangolare che gli consente di creare un corpo organizzato sulle linee; raddoppia il triangolo per creare una stella a sei punte che occupi tutta la superficie a disposizione, e a questa forma sottrae ed aggiunge spazi circolari secondo un rigoroso schema logico. L’esigenza di sfruttare il più possibile un lotto di forma quadrata, l’interesse per un involucro mistilineo (che gli permettesse di continuare l’esperienza di San Carlino alle Quattro Fontane) e l’idea di trarre spunto da forme simboliche (capaci di legare l’origine e lo schema a dei significati primari) saranno i motivi ispiratori del progetto.
Il risultato è ottenuto con estrema purezza e apparente semplicità: la pianta centralizzata, mistilinea, disegna una sorta di stella a sei punte, e le mura ne ricalcano il perimetro. La fascia della parete, caratterizzata da lesene scanalate e cornici orizzontali, è sormontata da una cornice non eccessivamente aggettante, con funzioni di trabeazione.
- La scultura. Una delle caratteristiche che contraddistinsero l’arte barocca fu sicuramente il culto dell’immagine, nato in opposizione alla tendenza tipicamente luterana per cui l’opera d’arte era considerata un inutile sfoggio, una vanità, un’ostentazione. Per questo la Chiesa cattolica, in epoca barocca, moltiplicò le committenze artistiche, secondo l’idea che più un’opera stupiva fino a quasi intimorire l’osservatore, più colpiva nel segno. L’arte, con il barocco, si fece strumento di persuasione e di propaganda: in Italia le committenze maggiori spettarono alla Chiesa, ma ben presto il barocco si diffuse anche in tutta Europa e anche nel resto del mondo, soprattutto nell’America Latina, dove la Chiesa svolgeva al tempo la propria opera di evangelizzazione. Nasceva così un’arte fortemente teatrale, dove l’immagine era vista quasi come una manifestazione divina, e ben presto il linguaggio virtuoso elaborato dagli artisti per la Chiesa iniziò a essere particolarmente apprezzato anche dai committenti privati, poiché in piena epoca di assolutismo, l’arte barocca svolgeva per gli Stati la stessa funzione di celebrazione trionfale che svolgeva per la Chiesa.
L’Estasi di santa Teresa d’Avila è una scultura in marmo e bronzo dorato di Gian Lorenzo Bernini, realizzata tra il 1645 e il 1652 e collocata nella cappella Cornaro, presso la chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma. La scena raffigurata nell’opera è, per la precisione, una transverberazione e non un’estasi, e quindi la scultura è talvolta chiamata anche Transverberazione di santa Teresa d’Avila.
- La pittura. La pittura. Con pittura barocca si intende lo stile pittorico che ebbe la sua massima diffusione nel XVII secolo, a partire da Roma, irradiandosi in quasi tutta Europa fino oltre il XVIII secolo. Il termine barocco indica lo stile dinamico e coinvolgente che in pittura nasce a Roma verso il 1630 coi lavori di Giovanni Lanfranco e di Pietro da Cortona, che raccolgono e sviluppano una serie di fermenti culturali, tra cui i lavori precedenti di Rubens, di Guercino e le suggestioni scultoree di Gian Lorenzo Bernini. È solo in questo secondo caso che sarebbe proprio parlare di “pittura barocca”, riferendosi invece al resto come “pittura dei secoli XVII e XVIII” o, con riferimento solo al primo secolo, “seicentismo”.Architetti, scultori e pittori diventano, grazie alle loro opere, il tramite necessario per toccare con efficacia l’animo dei fedeli. Quindi l’arte diventa un mezzo della Chiesa cattolica trionfante per persuadere gli eretici, i dubbiosi, ed arginare la pressione protestante sui confini francesi e italiani. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, l’arte deve avere la capacità di sedurre, commuovere, conquistare il gusto, non più attraverso l’armonia del Rinascimento, ma mediante l’espressione di emozioni forti.Il fascino viscerale dello stile barocco deriva da un diretto coinvolgimento dei sensi. Nella pittura barocca non vi era sollecitazione dell’intelletto e sottigliezza raffinata come nel manierismo, il nuovo linguaggio puntava direttamente alle viscere, ai sentimenti dello spettatore. Veniva impiegata un’iconografia il più possibile diretta, semplice, ovvia, ma comunque teatrale e coinvolgente. Mai prima di allora era stato così importante lo spettatore, il suo punto di vista, e l’effetto che la decorazione poteva produrre su di lui.Il pontificato di Urbano VIII Barberini fu il terreno fertile per lo sviluppo dello stile barocco, finalizzato alla celebrazione del casato del papa e dei suoi nipoti, in una sorta di anticipazione dell’assolutismo.
Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù, era stato canonizzato Santo il 12 marzo del 1622, dal papa bolognese Gregorio XV (1616-1623), zio del cardinale Ludovico Ludovisi(1595–1632), lo stesso che, nel 1626, con una donazione di duecentomila scudi, dava inizio ai lavori della nuova Chiesa di Sant’Ignazio a Roma.
Come nella Chiesa del Gesù, anche a Sant’Ignazio il mecenatismo papale richiamò importanti architetti e scultori, ma soprattutto, mise all’opera uno dei pittori più virtuosi del Tardo Barocco.Per risolvere il problema, intervenne il gesuita Andrea Pozzo, architetto, matematico e pittore che, con ingegno e abilità, dipinse su tela una finta cupola in prospettiva, da collocare sopra in transetto.
Per il funzionamento dell’ardito trompe-l’oeil, Pozzo definì anche un punto sul pavimento, dal quale, ancor oggi, la cupola pienamente visibile poi svanisce, progressivamente, andando verso il presbiterio.
Larga 36 metri per 16, e affrescata a partire dal 1691, la Volta celebra l’attività apostolica della “Compagnia di Gesù” nel mondo, con il tema della “Gloria di Sant’Ignazio”. La stupefacente immagine gioca l’effetto ottico di sfondamento del soffitto, completamente annullato dal cielo azzurro e di nubi, come un tempio divino sovrapposto alla chiesa reale.
La “macchina scenografica” barocca, traeva i suoi calcoli matematici e di composizione geometrica dalla prospettiva rinascimentale di tipo “accidentale”, caratterizzata da due punti di fuga laterali e uno centrale. Da quest’ultimo, Pozzo immagina una fonte luminosa accecante di raggi che, visivamente, compattano l’immagine della volta con la luce dello spazio architettonico reale.
Al centro, “Sant’Ignazio contempla la Trinità”; davanti a lui, Cristo porta in braccio una pesante croce. Un raggio va a colpire lo specchio recante il simbolo della Compagnia, il trigramma di Cristo “IHS”, che riflette verso il basso la luce divina. Lo spazio reale inferiore, destinato ai fedeli, si unisce così a quello superiore e ultraterreno.