Una conversione dei cuori, un ritorno sui propri passi per cambiare mentalità, cambiare il proprio approccio alle relazioni, alla dimensione spirituale, alla vita. Ed insieme dei gesti concreti, che possono segnare nella quotidianità la “differenza cristiana”. E’ la “mappa” per la Quaresima che il vescovo Franco Giulio ha proposto nella sua omelia per il mercoledì delle ceneri, celebrato il 17 febbraio in cattedrale.
Le tre opere supererogatorie
Mercoledì delle Ceneri
17-02-2021
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Con uno sguardo alle opere “supererogatorie”: Elemosina, Digiuno e Prghiera . Che di per sé «non sono richieste dalla Legge, ma che i farisei consigliavano di compiere in aggiunta, e consistevano nella preghiera, nell’elemosina e nel digiuno», ma che per i cristiani – ancora di più in Quaresima – diventano la cifra di un'”eccedenza” che deriva dalla fede.
Ecco di seguito, il testo integrale della sua omelia:
Le tre opere supererogatorie
Mercoledì delle Ceneri
Inizia questa sera il cammino di Quaresima che è il viaggio verso la Pasqua. Prende avvio con il Rito dell’imposizione delle Ceneri, che nella liturgia romana ne è il portale di ingresso. In questo anno mi soffermo brevemente sul Vangelo (Mt 6,1-6.16-18) che ci presenta le tre opere della nuova legge del cristiano. L’evangelista Matteo le commenta prendendo come canovaccio le tre opere supererogatorie dei farisei! Qual è il significato di questa espressione? Al quinto capitolo del Vangelo, dopo le Beatitudini e la sezione che si riferisce ai credenti che sono luce del mondo e sale della terra (cfr. Mt 5,13-16), nei versetti successivi, i vv. 19-20, l’evangelista disegna l’indice, il sommario, del grande Discorso della Montagna, conosciuto come “Il manifesto del Cristianesimo”. Infatti l’evangelista dice:
“Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. (Mt 5, 20)
Questo versetto, che fa da indice all’architettura del Discorso della Montagna (dato che gli antichi collocavano l’indice del testo, non alla fine, poiché si sarebbe perso, ma all’inizio), disegna nel seguito del capitolo cinque una giustizia superiore a quella degli scribi, vale a dire ai maestri della legge, concentrata sulla rilettura dei comandamenti: “Avete inteso che fu detto…. ma io vi dico!” per ben sei volte (5, 21.27.33.38.43). Il capitolo sesto, invece, è concentrato sulla giustizia superiore a quella dei farisei. L’evangelista riprende appunto le tre opere supererogatorie dei farisei, opere che di per sé non sono richieste dalla Legge, ma che i farisei consigliavano di compiere in aggiunta, e consistevano nella preghiera, nell’elemosina e nel digiuno. Ora l’evangelista le rilegge, le ripresenta per il cristiano, con lo stile della nuova legge dello Spirito! È un interessante modo, tipico del vangelo di Matteo, perché probabilmente la comunità a cui egli parla è in maggioranza formata da giudei, e quindi rilegge la loro esperienza religiosa e la apre a diventare esperienza cristiana.
Possiamo dire che queste tre opere costituiscono per noi il canovaccio, il piccolo programma spirituale, per la Quaresima “delicata” di quest’anno, come lo è stata in verità già l’anno scorso. La prima settimana dell’anno passato, come ricordo, riuscimmo a viverla ancora in libertà. Infatti eravamo andati a fare gli esercizi spirituali a Bocca di Magra, con circa cinquanta sacerdoti, come è tradizione per la Diocesi di Novara, cosa che non si potrà fare quest’anno. Al ritorno, tra il sabato e la domenica, il 7 e l’8 marzo, iniziò il lockdown.
Quest’anno viviamo il mercoledì delle Ceneri in un’edizione minore, non meno penosa e difficile, che forse scava un po’ più dentro il nostro cuore. L’incertezza e la paura, anche un po’ di stanchezza ci assalgono e persino la sfiducia si rivolge contro le persone che stanno dedicando la loro vita a questo tempo. Occorre, quindi, che ci diamo un colpo d’ala per poter intraprendere il viaggio verso Pasqua, con la speranza che per tempo si possano vedere i primi barlumi della ripresa.
Per commentare questo piccolo programma, farò una breve introduzione e poi passerò alla spiegazione delle tre opere di preghiera, elemosina e digiuno.
1. Convertire il cuore
Per fare l’introduzione parto attingendo dalla prima lettura che abbiamo ascoltato, presa dal profeta Gioele che dice:
“Ritornate a me con tutto il cuore”. (Gl 2,12)
I verbi che indicano la conversione sono due nella Bibbia: uno è il verbo che indica un cambiamento di direzione – ἐπιστρoφεῖν/epistropheīn – che significa fare un’inversione a “u”, proprio come in auto quando il navigatore indica che abbiamo sbagliato la direzione e bisogna ritornare indietro sui propri passi! È un verbo di movimento, bisogna si veda che cambiamo qualcosa, che invertiamo la direzione del nostro cammino. Tante volte lo abbiamo detto, possiamo mettere un piccolo appunto sul nostro comodino per sapere su che cosa dobbiamo cambiare direzione.
Il secondo verbo, che indica la conversione, il ritornare con tutto il cuore, pone l’accento sul cuore da cui deriva il nostro verbo convertire/conversione che però in greco significa cambiamento di mente, di mentalità – μετανοεῖν/metanoeīn, da cui proviene l’imperativo convertitevi! Cioè cambiare vita comporta un cambiamento di testa e di mentalità, del modo di vedere le cose! Abbiamo bisogno di mettere insieme sia un movimento della vita (cambiare direzione), sia un movimento del cuore (cambiare mente), per trasformare il nostro modo di vedere le cose, di rapportarci con le persone, gli eventi, le situazioni che ci circondano.
2. Le tre opere supererogatorie
Delle tre opere di cui si parla nel Vangelo, vorrei sottolineare tre piccoli aspetti.
Prima di tutto, sono definite opere. Si chiamano opere supererogatorie appunto per questo. Significa che bisogna agire, bisogna fare qualcosa, bisogna praticare. Per esempio, se si tratta di fare elemosina, occorre che questo incida un po’ sulle nostre tasche e sul nostro vivere… Se si tratta della preghiera, occorre che dedichiamo un po’ di spazio e un po’ di tempo… Se parliamo del digiuno, è necessaria, come si esprime un inno quaresimale presente sia nella liturgia romana che in quella ambrosiana, una pratica di sobrietà in parole, cibi e bevande:
“Utamur ergo parcius / verbis cibis et potibus”
“Usiamo dunque più parcamente di parole, di cibi e bevande!”
Il digiuno in effetti è una cosa complessa e indica tutti e tre gli aspetti (parole, cibi e bevande). Sono opere, vale a dire devono operare una trasformazione reale, devono incidere sul corpo! Corriamo il rischio di avere una religione “sentimentale”, cioè vogliamo coltivare dei buoni sentimenti, dei buoni propositi, e va da sé che i propositi buoni si facciano il Mercoledì delle Ceneri, ma che già la prima domenica di Quaresima siano diventati più blandi!
In secondo luogo, sono supererogatorie. Vale a dire si tratta di una pratica che ci invita a fare qualcosa di più, ci parla di un’eccedenza e di una generosità! È uno dei ritornelli del Discorso della Montagna: “Che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?” (cfr Mt 5,47b). È l’eccedenza cristiana, il “di più” cristiano! Chissà se chi ci sta intorno s’accorge che noi siamo cristiani, prima per come operiamo che per ciò che diciamo?! Spesso diciamo di voler essere cristiani in un modo o nell’altro, ma è più difficile farlo, metterlo in opera.
Sono opere che mettono in campo qualcosa. Per esempio l’elemosina non è solo qualcosa che diamo agli altri, ma è davvero donare tempo, presenza, attenzione. Sappiamo che oggi la carità è diventata un intervento più complicato, perché la gente non ha bisogno solo di risorse, ma ha bisogno di fiducia, di speranza, di attesa, di tempo condiviso, e persino di creatività, di invenzione…
E, infine, sono opere che devono custodire la differenza cristiana. Queste opere sono attraversate tutte da un richiamo a non praticare la giustizia come quella dei farisei per essere ammirati (cfr Mt 6,1). Dobbiamo cioè stare attenti a custodire il giusto rapporto che è circolare tra l’interno e l’esterno! Se si fanno le cose solo per farsi vedere, per ostentazione, non si mette in gioco il cuore; però se si rimane chiusi solo nel cuore, e dunque le opere non si vedono, non incidono sulla vita, e anche questo non va bene. Qui l’interlocutore polemico di Matteo era prevalentemente il fariseo, forse i farisei sopravvissuti alla morte di Gesù, e quindi l’unico gruppo religioso rimasto dopo la morte di Cristo e la caduta di Gerusalemme (anno 70 d.C.)!
L’interlocutore dell’evangelista è questo, cioè quello del racconto del fariseo in prima fila e del pubblicano in fondo al Tempio (cfr Lc 18,10-14), dove il fariseo più volte si vanta dicendo: “io che…, io che…”, mentre il pubblicano si batte il petto in ginocchio! È una religione che ha al centro solo l’“io”, mentre la religione del pubblicano riconosce la propria povertà per aprirsi a Dio! Ecco la differenza cristiana: da una religione incentrata sull’io, a una fede sporgente su Dio. Questa è la fede teologale!
Dobbiamo dunque custodire il fatto che le opere della misericordia sono gesti che devono agire, che fanno qualcosa di più e che devono custodire la trasparenza e la coerenza del cuore e del gesto. Per ognuno di noi, dunque, all’inizio del viaggio verso la Pasqua si tratta di scegliere: scegliendo, sappiamo già che cosa fare, e così abbiamo già iniziato bene la Quaresima!
+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara