Nel pomeriggio di giovedì 29 aprile, il vescovo Franco Giulio ha presieduto la celebrazione per la festa del Miracolo della Madonna del Sangue al Santuario di Re. Ecco il testo integrale della sua omelia.
Saluto, arca, Magnificat!
Messa del Miracolo
29-04-2021
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Saluto, arca, Magnificat!
Messa del Miracolo
Rinnovo il mio saluto affettuoso a tutti voi che avete avuto il coraggio di venire qui a celebrare l’annuale festa della Madonna del Sangue di Re. Questo sia un segno per la nostra ripartenza, per la sperata rinascita a cui stiamo dedicando questo anno, ma che – ahimè – stenta a realizzarsi. Essa ha ancora bisogno del corale concorso di tutti, proprio perché è necessario che tutti assumano ciò che è il bene degli altri e pian piano, col favore dell’estate, forse potremo, come s’usa dire riferendosi a Dante, uscire a riveder le stelle (cfr. Dante Alighieri, Inferno, Canto XXXIV, 139).
Quest’anno l’indizio del cuore e dello spirito, che mi ha mosso a venire qui a Re, dopo due anni come ricordava il Rettore, è l’inizio del Vangelo di oggi (Lc 1, 39-56):
“In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa” (Lc 1, 39).
In questo breve versetto sono indicati due movimenti: un uscire dalla città e un andare verso l’alto, verso il monte. Così come spesso accade per i santuari che sono collocati qui al Nord tra le montagne, quasi baluardo di difesa sull’arco alpino contro ogni sorta di invasione. Così è, per esempio, anche a Morbegno: il santuario è costruito in mezzo a una piazza dove convergono ben tre valli ed è posto lì quasi come una grande sentinella!
Sono dunque salito a questa nostra regione montuosa per consegnarvi tre messaggi, attraverso il breve commento di tre parole che prendo dal Vangelo appena proclamato: Saluto, Arca e Magnificat.
- Saluto
Come avete potuto ascoltare, c’è una parola ripetuta nel brano conosciuto come la Visita di Maria a santa Elisabetta, una parola ripresa tre volte: «(Maria) entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta» (Lc 1, 40); «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria» (Lc 1,41); «Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi» (Lc 1,44). La triplice ripetizione del termine ci indica che si tratta del filo rosso che conduce il racconto. In verità nel brano precedente, quello dell’Annunciazione a Maria, ci viene detto qual è la parola decisiva della storia: è il saluto che l’angelo rivolge a Maria: “Rallegrati piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1, 28) e che fa eco nel brano seguente (la Visitazione). È come se il saluto dell’Angelo risuonasse tre volte nel saluto di Maria!
E cosa dice tale eco che mette in moto Maria, lei che pure attende un bambino, e che va a trovare la cugina Elisabetta, più avanti di sei mesi nella gravidanza? Dice che il “Signore è con noi”! E oggi, guardandovi in questa strana composizione nel nostro santuario, che di solito in questa festa è gremitissimo, ci dice che dobbiamo avere il coraggio di ricominciare.
In questi ultimi tempi, nei quali eravamo costretti in casa, ho potuto dedicarmi un po’ di più alla lettura e, in un libro che tratta della storia della spiritualità del Medioevo, mi ha impressionato rilevare come la gente, quella semplice del popolo, ha sempre affrontato le grandi prove della storia, capace poi di riprendersi e ripartire. Un esempio fra tutti: la grande peste del 1350, che a differenza di questo tipo di pandemia, ha colpito anche molti bambini e molti giovani. Cosa sarebbe stato se, oltre ai nostri cari anziani, questo tipo di virus avesse toccato anche i bambini, soprattutto i bambini?!? Eppure, dopo queste grandi prove, la storia ci dice che c’è sempre stata la forza della ripartenza.
È la stessa esperienza che avete fatto e toccato con mano proprio voi, qui in Valle Vigezzo, a tal punto che in febbraio, vostro malgrado, una volta dichiarata la “zona rossa” per il contagio da covid, avete raggiunto la notorietà in tutta Italia, ed ora forse ora siete diventati il paese più covid-free d’Europa! Anche il male ha sempre questo doppio aspetto e ha bisogno del nostro coraggio, della nostra fiducia, della nostra speranza per essere superato. Ha bisogno che il saluto dell’angelo diventi il nostro saluto, che ci mette in strada e che ci muove per andare verso la montagna.
Questa è dunque la prima parola che dobbiamo dire per quest’anno: cerchiamo dentro noi, davanti al Signore, con le persone a cui vogliamo bene, quella forza profonda che ci consenta, appena sarà possibile, pur con tutte le cautele, di ricominciare, a vivere, a sperare, a dirci parole buone, a non tornare come prima. Anzi, ognuno di noi dovrebbe scrivere su una sorta di diario che cosa abbiamo imparato, che cosa non vorremmo portare oltre, cercando di individuare anche ciò che vogliamo abbandonare. Decidere questo è già un grande traguardo!
- Arca
La seconda parola che ci viene detta oggi fa riferimento a un brano dell’Antico Testamento, ma nel Vangelo di oggi è messa sulla bocca di Elisabetta:
“Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!’” (Lc 1,42)
In effetti, la preghiera dell’Ave Maria è stata composta proprio mettendo insieme queste due espressioni di saluto, dell’angelo prima, e di Elisabetta poi.
“A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo” (Lc 1,43)
Sono le stesse parole che il re Davide, nel secondo libro di Samuele, pronuncia quando l’Arca dell’Alleanza viene portata per la prima volta a Gerusalemme (cfr 2 Sam 6,9).
E così anche io, come pellegrino, sono venuto a portare davanti alla Madonna del Sangue, come ha anticipato il Rettore, proprio un dono nuovo, una particolare preghiera perché nei prossimi giorni di domenica, lunedì e martedì inaugureremo il nuovo seminario a Gozzano! Ormai la struttura della città, pensata per oltre 200 persone, era diventata desolata (come se fosse la stazione centrale di Milano vuota!). Inoltre la parte abitata dai nostri giovani seminaristi era la meno restaurata. Pertanto di comune accordo, vescovo e sacerdoti, abbiamo individuato il luogo e la struttura, perché il Seminario fosse nuovamente degno di questo nome. Si è individuato il luogo a Gozzano, centro geografico della diocesi, in quella che era l’istituto Gentile, caratterizzato da un edificio adatto e dal bellissimo giardino che lo circonda e che in questa stagione primaverile esplode di colori.
Portiamo, dunque, qui davanti alla nostra cara Madonna, attraverso l’accensione di un cero, l’apertura della nuova casa per il ministero della chiesa e per invocare una particolare benedizione su questi giorni di ripresa del Seminario. Ho voluto invitare anche i vescovi del Piemonte orientale, di Vercelli, Biella, Casale Monferrato, Acqui Terme e Ivrea, lunedì 12 aprile, a visitare il nuovo Seminario perché anch’essi potessero mandare i loro seminaristi, insieme ai nostri. Il nuovo Seminario sarà il luogo dove si potranno educare i nuovi ministri del Vangelo per il futuro.
La Madonna di Re, che ci è tanto cara, benedica davvero questo passo importante che compiamo. È un gesto, anche questo, di fiducia: infatti la stessa parola Seminario indica che si tratta del luogo dove si mettono i semi, i “semi del futuro”, i semi che potranno svilupparsi per il domani, i semi che andranno ad animare le comunità cristiane di domani.
In Valle Anzasca, giovedì scorso abbiamo celebrato il funerale di un sacerdote parroco ancora in attività, morto improvvisamente. Subito dopo al cimitero, i sindaci mi chiedevano chi avrei mandato? Ahimè, non mi è possibile farlo immediatamente! Anche nella lettera che ho inviato alla Diocesi per la riapertura del Seminario ho scritto come dal 2010 fino al 2020, sono deceduti centosei preti e solo venticinque sono quelli che sono stati ordinati.
Ma noi metteremo qui con fiducia davanti alla Madonna la piccola arca che contiene il Signore, così come l’Arca dell’Alleanza conteneva il rotolo della Legge, segno del patto di alleanza tra Dio e il suo popolo, e tra il popolo il suo Dio, e presenteremo la nostra ardente e insistente preghiera per le vocazioni.
- Magnificat
Infine, sempre dal brano Vangelo che abbiamo ascoltato e che ben conosciamo tutti, traiamo la terza parola – Magnificat – con cui inizia questo che forse è l’inno più famoso della Sacra Scrittura, messo sulla bocca di Maria.
“L’anima mia magnifica il Signore…” (Lc 1,46)
Non si dà mai spiegazione di cosa significhi il verbo magnificare, e cioè che la mia anima dice cose grandi del Signore.
“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1,46-47)
Noi potremo uscire da questa condizione che ci siamo trovati a vivere, e questo è l’augurio che faccio a voi come anche a tutta la Valle Vigezzo, nella misura in cui diventeremo maggiormente capaci di gratuità.
Proviamo a dirlo in modo semplice: ciò che abbiamo imparato in questo anno e mezzo, i momenti più belli, quelli che diremmo i momenti magici, non sono forse stati quelli in cui, nelle nostre case, abbiamo sentito il marito, la moglie, i figli che si dicevano parole diverse o con un tono diverso o hanno fatto cose che solitamente non fanno, e che ci hanno persino sorpreso?!
Abbiamo imparato ciò che significa questa parola – Magnificat! – che è una moneta rara, perché ci insegna che se non ci fosse la gratuità, la nostra vita umana scadrebbe al livello inferiore che è quello animale, che certo agisce, produce, capitalizza, ma non ha più la capacità di dire “tu sei importante per me, perché tu ci sei per me, io ci sono per te… e questo basta!
“L’anima mia magnifica il Signore (…) perché ha guardato l’umiltà della sua serva”.
Ci vuole tanta umiltà. È molto bella anche la parola umiltà, che deriva da humus-terra e ci indica che è necessario stare con i piedi per terra per comprendere le cose belle che sostengono, alimentano, danno fiducia e speranza alla nostra vita.
Passando davanti alla nostra Madonna, questa sera, ognuno di voi dica questa preghiera: «Il tuo Saluto ci faccia custodire nella nostra Arca le cose più importanti, quelle che vorremmo portare nei prossimi mesi, perché possiamo magnificare il frutto della gratuità di questo anno difficile e tremendo, che abbiamo passato chiusi nelle nostre case». Un tempo che purtroppo ha procurato molti lutti per tutte quelle persone che hanno perso la vita, con numeri importanti di cui non siamo ancora del tutto consapevoli. Sostiamo davvero questa sera per qualche momento davanti all’icona della Madonna del Sangue e sussurriamo con fiducia la nostra ardente preghiera!
+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara