Il battesimo come origine della vita cristiana, ma anche come cuore che si accende e che muove la risposta all’«irruzione verticale del dono di Dio» nella storia e nella vita degli uomini. E poi l’invio in missione che è proprio il sapere entrare in queste storie sempre diverse, per dire di Gesù, perché «il parlare “in altre lingue” è il miracolo del Vangelo: tu dici e doni Gesù nella lingua degli altri. Imparare la lingua degli altri esige non solo di essere in ascolto, ma di entrare dentro nel linguaggio degli altri, con parole e gesti».
Battesimo e missione, «Battezzati e inviati». Sono le due parole che il vescovo Franco Giulio Brambilla ha proposto nella sua meditazione alla Veglia missionaria diocesana, lo scorso 5 ottobre, che qui pubblichiamo integralmente.
Battezzati e inviati
Veglia missionaria diocesana
05-10-2019
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Una veglia che ha avuto al suo centro l’incontro con i missionari – che hanno portato la loro testimonianza – e con i giovani che questa estate hanno vissuto un’esperienza di missione. «Guardate come sono belli! – ha detto il vescovo -. Trentacinque sono andati e sono coloro che hanno lasciato i loro ceri qui davanti a noi. Due sono ritornati e sono mons. Guerino Ricardo Brusati e padre Massimo Casaro. Due ripartiranno suor Giustina e don Pierantonio. E una sarà inviata: Chiara Martini. Dobbiamo ringraziare il Signore di questo bel segno per la nostra chiesa: lo dissi già a giugno alla Route, quando trentacinque giovani avevano acceso finalmente una grande luce, preceduta negli scorsi anni da alcune partenze ancora isolate, ma che avevano aperto la strada. Là in riva al lago d’Orta, avevamo dato il mandato a questi trentacinque giovani, che stasera – dopo la loro presentazione – si sono nuovamente seduti in mezzo a voi, come segno per la nostra chiesa che si è arricchita di gente che ha dedicato quasi un mese di attività in un paese di missione!».
Battezzati e inviati
Veglia missionaria diocesana
Guardate come sono belli! Trentacinque sono andati e sono coloro che hanno lasciato i loro ceri qui davanti a noi. Due sono ritornati e sono mons. Guerino Ricardo Brusati e padre Massimo Casaro. Due ripartiranno suor Giustina e don Pierantonio. E una sarà inviata: Chiara Martini.
Dobbiamo ringraziare il Signore di questo bel segno per la nostra chiesa: lo dissi già a giugno alla Route, quando trentacinque giovani avevano acceso finalmente una grande luce, preceduta negli scorsi anni da alcune partenze ancora isolate, ma che avevano aperto la strada. Là in riva al lago d’Orta, avevamo dato il mandato a questi trentacinque giovani, che stasera – dopo la loro presentazione – si sono nuovamente seduti in mezzo a voi, come segno per la nostra chiesa che si è arricchita di gente che ha dedicato quasi un mese di attività in un paese di missione!
È tornato padre Massimo da una missione “formativa”, e che ci fa il dono di stare nei prossimi anni in mezzo a noi come animatore dei gruppi missionari e, in genere, del Centro missionario, perché è giusto che allarghiamo i nostri orizzonti. Ricordo spesso che cinquant’anni fa i gruppi missionari erano una delle realtà più floride in tutte le diocesi d’Italia. Poi c’è stata una specie di contrazione e depressione. C’è anche il ritorno di dom Guerino dopo trentasette anni, il quale come confratello vescovo trasmetterà qui la sua passione, il senso e il cuore della missione. E, infine, i nostri due missionari, Suor Giustina e don Pierantonio che ritorneranno in missione, rispettivamente in Mozambico e in Brasile.
Vi dico solo due parole…
La prima parola è presa dagli Atti degli Apostoli che afferma: siamo “battezzati”. Cosa significa? Abbiamo letto due brani del libro degli Atti, che presentano il discorso di Pietro ai pagani. L’autore, l’evangelista Luca, ha costruito al secondo capitolo una sorta di discorso esemplare di annuncio rivolto ai giudei e al capitolo decimo un annuncio esemplare rivolto ai pagani. In ambedue i discorsi san Luca inscrive un “mini-Vangelo”, leggendo il quale noi sentiamo l’energia, la forza, la passione della missione, ma ne troviamo anche il centro, che possiamo avvertire solo se disponiamo il nostro cuore, altrimenti il nostro battesimo è stato solo un po’ d’acqua versata sul capo tanti anni fa. Il battesimo non è tanto l’inizio della vita cristiana, ma ne è l’origine: l’inizio della vita è quando il cuore ha cominciato a battere e terminerà quando il cuore smetterà di battere. E dove sta questa origine per la vita cristiana? Ascoltate:
“Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti”. (At 10, 36)
Il mini-Vangelo è introdotto dall’espressione “voi conoscete” (cfr. At 10, 37), cioè allude a una cosa già conosciuta dai destinatari:
“voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. (At 10,37)
L’evangelista l’ha già ripetuto tre volte: la prima ai discepoli di Emmaus; l’ha ricordato nel primo discorso di Pietro e lo riafferma qui. È lo stesso testo, un mini-Vangelo, un summary del Vangelo!
“E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme”. (At 10,39)
Ma ecco dove sta il cuore della missione:
“Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”. (At 10, 39-41)
Il cuore del battesimo e della vita cristiana sta tutto in quel “ma”! Tutta la storia è la storia di Dio che cammina in mezzo agli uomini beneficiandoli e coinvolgendo molti nell’azione di fare il bene agli altri, nel condurli al bene; ma questa azione si conclude in modo drammatico: “Essi lo uccisero appendendolo a una croce!”. Il bene è attraversato dall’ombra tenebrosa del male. Questa però è solo la penultima parola, perché l’ultima risuona: “ma Dio lo ha risuscitato!”. È la Parola che irrompe dall’alto come un lampo e accende la speranza.
Se noi battezzati non custodiamo questa verità, che riprende tutto ciò che sogniamo, amiamo, desideriamo, facciamo, portiamo avanti, per cui ci diamo da fare (e che talvolta è accompagnato anche dalla tristezza, dalla maldicenza, dal fatto che siamo capaci di uccidere persino il fratello); se questa vita così complessa e talvolta contraddittoria non è abitata dal quel “ma Dio lo ha risuscitato!”, il nostro battesimo è stato soltanto uno spruzzo d’acqua! Ecco cosa significa essere battezzati. Chi di voi non sente dentro questa provocazione?! Sennò tutto il resto è finzione. Significa che tutto ciò che gli uomini fanno nel bene e nel male deve essere attraversato dalla forza di quel “ma Dio lo ha risuscitato!”
Questo è il battesimo, questa è la sua forza interiore, e si capisce perché non può rimanere là soltanto all’inizio, ma deve diventare l’origine di ogni nostro gesto. Un gesto che genera il nostro essere qui stasera, il nostro risvegliarci e agire domani. Se l’anno prossimo cinquanta giovani partiranno ancora, e se don Pierantonio e suor Giustina ritornano ancora in missione, è perché sentono continuamente il contrasto tra la storia orizzontale degli uomini e l’irruzione verticale del dono di Dio.
La seconda parola è tratta dal brano che segue nel libro degli Atti: e inviati! Noi leggiamo la parola di Dio per diventarne piccoli riflessi. Continuiamo la lettura:
“Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola”. (At 10, 44)
Questa scena non capiterà mai più nella storia della Chiesa: lo Spirito Santo precede attraverso un segno sensibile l’azione salvifica e il rito santificante degli uomini. Prima ricevono lo Spirito e poi non possono non ricevere il battesimo. Ma anche in questo caso, dove sta il segreto? Cosa significa aver ricevuto il dono dello Spirito Santo? Addirittura anticipato rispetto al conferimento del Battesimo?
“Li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio!” (At 10,46).
Sembra una frase e un inciso di poca rilevanza ed è invece qualcosa di esplosivo! Pensate: don Pierantonio ha dato lavoro a duecento famiglie, mettendole in autonomia; non è diventato il capetto senza cui non si può far nulla, tanto è vero che può venire a casa di tanto in tanto. Così pure ciò che ci ha raccontato e testimoniato suor Giustina e ciò che sentiremo prossimamente anche dom Guerino.
Il parlare “in altre lingue” è il miracolo del Vangelo: tu dici e doni Gesù nella lingua degli altri.
Imparare la lingua degli altri esige non solo di essere in ascolto, ma di entrare dentro nel linguaggio degli altri, con parole e gesti. Entrare nei gesti e nelle parole altrui richiede un lungo cammino di apprendimento. Per aiutare una famiglia è necessario sostare con essa, frequentarla tanti anni, così come anch’io ho appreso nella mia lunga esperienza di vicinanza ai miei gruppi di famiglie a balbettare qualche parola e compiere qualche gesto che fosse realmente eloquente per loro, perché mi potessero sentire come fratello maggiore!
“Li sentivano infatti parlare in altre lingue…” (At 10,46).
Lo stare con loro parlando nella loro lingua, il sostare nei modi di fare, di agire, di pensare, di sognare, di lavorare della gente, questa è la missione. Che bello dunque anche per Chiara, che cito per ultima la quale, dopo aver fatto una breve esperienza di “assaggio”, partirà definitivamente!
E termino su questa espressione:
“…e glorificare Dio!” (At 10,46b).
Imparare la lingua non è solo un modo per socializzare, ma è il modo per glorificare Dio. La gloria di Dio è la sua presenza, il suo “peso” (kabod) nella nostra vita, è il modo per sentire la sua presenza viva e vitale dentro il gesto con cui mi impegno ad aprirmi e imparare la lingua degli altri. Questo è “glorificare Dio”. Sentire quasi il peso della presenza di Dio che fa massa dentro la mia vita.
Ringraziamo dunque tutti coloro che, o rimanendo qui, o partendo di nuovo, vivono il loro essere battezzati e il loro essere inviati!
+ Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara