Nella mattina di martedì 8 febbraio, Giornata Mondiale per la sicurezza in Rete, la diocesi di Novara ha presentato un progetto di formazione per insegnanti di religione dedicato ai temi dell’educazione digitale e della prevenzione del cyberbullismo, realizzato in collaborazione con la Fondazione Carolina.
Hanno preso parte all’incontro Paolo Usellini, direttore dell’Ufficio diocesano Scuola; don Gianluca De Marco, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale giovanile; Margherita Invernizzi, condirettrice dell’Ufficio diocesano per la Famiglia; Ivano Zoppi, segretario generale, e Paolo Picchio, presidente onorario della Fondazione.
L’appello del vescovo Franco Giulio
Il progetto si inserisce tra le iniziative che da sempre e in diversi ambiti la diocesi di Novara mette in campo sul fronte dell’attenzione alle nuove generazioni. È una risposta all’accorato appello alla Chiesa e alla comunità civile, lanciato dal vescovo Franco Giulio Brambilla nel suo discorso alla città e alla diocesi durante la patronale di san Gaudenzio 2022, nel quale aveva fatto riferimento proprio alla collaborazione tra diocesi e Fondazione Carolina. Serve – aveva sottolineato il vescovo – «un’alleanza tra tutte le forze sociali e le componenti educative della società: la famiglia che educa, la scuola che forma, l’oratorio spazio di vita, lo sport sano, non sono riserve indiane a lato di una società che per la parte più importante fa altro, cioè si dedica all’economia e alla produzione. Lo sviluppo autentico ha come componente essenziale il tempo formativo».
In memoria di “Caro”
La Fondazione Carolina raccoglie il messaggio di una ragazza che non c’è più, entrata nel cuore delle nuove generazioni: Carolina Picchio, “Caro”, come la chiamava chi le voleva bene. Nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013, la giovane novarese dopo essersi vista umiliata in un video diffuso in rete, non ha trovato altra via d’uscita che togliersi la vita. Lascerà scritto, quasi come un testamento, un monito per tutti: “Le parole fanno più male delle botte”.
Per anni il papà Paolo Picchio si è impegnato per rendere giustizia a Carolina (con il primo processo in Europa sul cyberbullismo) e per dare senso a questi messaggi. Per contrastare il bullismo della rete, che, con un click, può distruggere una vita.
Oggi la Fondazione si occupa di formazione e sensibilizzazione avvalendosi di uno staff di professionisti e di collaborazioni con scuole e istituzioni.
«Ringrazio il vescovo Brambilla per l’attenzione posta sul tema dell’educazione digitale e dell’accompagnamento dei giovani – ha detto Paolo Picchio, papà di Carolina -. Nei miei incontri nelle scuole, sempre di più vedo ragazzi che hanno voglia di parlare, di confrontarsi. Questa iniziativa che vede insieme diocesi e fondazione va in questa direzione».
Gli insegnanti di religione, tra i primi “nodi” della rete educativa
In diocesi di Novara gli insegnanti di religione di primarie e secondarie sono 274, per un numero totale di studenti e alunni che hanno scelto di avvalersi dell’ora di insegnamento della religione cattolica che sfiora i 50mila.
«Il corso, – ha detto Paolo Usellini – ha come finalità non solo quella di formare gli insegnanti nel difficile compito che sono chiamati a svolgere quotidianamente in classe; ma anche quella di accompagnare educatori che proprio perché operano nella scuola, sono come pochi altri a contatto con migliaia di giovani e di famiglie, e che quindi – insieme agli animatori degli oratori e ai gruppi di pastorale familiare delle parrocchie – sono tra i primi elementi della rete educativa e di ascolto delle nuove generazioni di cui ha parlato il vescovo e tra i primi che possono essere promotori di un approccio più consapevole al web».
Un’alleanza con al centro le nuove generazioni
«All’emergenza, si risponde con un’alleanza – ha detto Margherita Invernizzi -. Dietro ogni storia di difficoltà, di dolore, di bullismo che riguarda i giovani, c’è una famiglia. Già l’esortazione apostolica di Papa Francesco Amoris Laetitia dedicata alle famiglie, invitava ad essere là dove sono i giovani. Questo cammino con al centro il tema della cittadinanza digitale va proprio in questa direzione».
Per don Gianluca De Marco, «la pandemia, l’isolamento, le relazioni forzatamente costrette a passare attraverso lo strumento digitale hanno aumentato il tasso di ansia tra i giovani. Compito di chi si deve prendere cura di loro è quello di educarli a cambiare ciò che li muove: dall’ansia alla speranza. Stando loro accanto. Dimostrando che anche nell’esperienza più brutta, ci sono adulti, educatori, che non li lasciano soli».
I contenuti del corso
Il corso prevede tre moduli suddivisi per ordini scolastici (infanzia, primaria, secondaria primo grado e secondaria secondo grado) completato da un servizio psicopedagogico di tutoraggio/supervisione in piccolo gruppo (su base volontaria). A presentare i contenuti del corso è stato Ivano Zoppi.
«Il primo modulo è dedicato alla riscoperta dei valori di fondo dell’insegnamento, con l’obiettivo di incentivare la motivazione professionale degli insegnanti per migliorare la qualità dell’istruzione – ha detto – . Il secondo modulo mette al centro i bambini e i ragazzi, fornendo strumenti per un’analisi del contesto virtuale e reale nel quale vivono. Obiettivo è dare informazioni circa lo sviluppo evolutivo (cognitivo, emotivo e sociale) di giovani e presentare una metodologia di lavoro che abbia al centro la relazione e l’ascolto attivo dell’altro. Il terzo modulo, infine, sarà dedicato alle tecniche pratiche di didattica, fornendo agli insegnanti le competenze necessarie per poter reperire o costruire ex novo sussidi e strumenti didattici validi ed efficaci, promuovendo la metodologia di lavoro “per progetto” (analisi dei bisogni, scelta degli obiettivi, costruzione di attività, valutazione dell’effetto)».