«Possiamo lasciare solo Gesù, possiamo essere come Pietro, che però si pente e si converte. Possiamo essere come Simone, che porta la croce inconsapevole. Possiamo essere come Giuda… Mi auguro che possiamo essere tutti come la donna di Betania, che non ha neppure un nome, ma che custodisce col profumo preziosissimo la Pasqua di Gesù».
E’ una carrellata di volti, situazioni e gesti, quella che mons. Franco Giulio Brambilla ha proposto – lo scorso 25 marzo – durante l’omelia della Domenica delle Palme, indicando la strada per vivere la Settimana Santa e commentando il racconto della Passione del Vangelo di Marco (14,1-15,47).
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Dalla «bella scena domestica di Betania» sino alla feroce scena della morte in croce e poi quella della sepoltura, «La passione secondo Marco è un racconto che parla ed è una parola che è racconto. Non c’è bisogno di commentarlo. Quasi come un film drammatico, va continuamente visto e rivisto, ascoltato e riascoltato», ha detto il vescovo, lasciando spazio proprio all’eloquente essenzialità della Parola.