Una parabola in cinque parole per i 20 anni dell’ambulatorio di Suor Nemesia

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«Vorrei che tutti voi vi metteste intorno all’Ambulatorio di “Suor Nemesia”, non solo tutti i collaboratori, tutti gli operatori, ma anche tutti gli altri presenti. Passate…, passiamo una volta per vedere, per parlare, per aiutare, per rincuorare! Perché si senta che stiamo partecipando a un’opera più grande, che è garantita già dal Signore». E’ l’invito lanciato lo scorso martedì 5 dal vescovo Franco Giulio Brambilla, per il ventesimo anniversario dell’Ambulatorio di Pronta accoglienza di Novara, che si occupa della cura e dell’assistenza medica degli ultimi e dei bisognosi e che ha preso il nome della sua fondatrice, suor Nemesia Mora, scomparsa nel luglio del 2016.

«Chiediamo solo davvero di saper diffondere questo spirito, questo clima, questo cuore. Non abbiamo paura se siamo anche in pochi! Non abbiamo paura se non siamo più giovani! – è stata l’esortazione del vescovo all’incontro che si è tenuto nella chiesa di Sant’Eufemia -. Dovremmo aver paura se il cuore non è più capace di essere alimentato da questo ardore! Guardiamo Suor Nemesia! Suor Nemesia aveva sempre qualcuno accanto, perché da soli non si può fare la carità!».

Mons. Brambilla ha poi poi proposto una riflessione «riprendendo cinque piccole espressioni che si trovano nel testo per eccellenza della carità, la parabola del Buon Samaritano», cinque aspetti quasi in secondo piano del testo evangelico, su cui il vescovo ha puntato l’attenzione per delineare il senso e il cuore della chiamata a dedicarsi a chi ha bisogno:  la prova, l’orizzonte, l’alibi, le monete e la locanda.

Il testo integrale del suo intervento a questo link

Il vescovo Brambilla incontra suor Nemesia Mora all’ambulatorio di pronta accoglienza nel dicembre 2012