Vigilanza responsabile

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La riflessione della 1° domenica di Avvento

L’esistenza cristiana si svolge sotto il segno dell’ “ascondità”, di una certa assenza di Dio. Il padrone è partito. Non è nascosto in qualche parte della casa dove, in situazioni di emergenza, sarebbe sempre possibile raggiungerlo. È partito, e starà lontano per molto tempo. Potrebbe anche non tornare.

Un esempio mi soccorre per illustrare le ragioni di questo allontanamento, e lo prendo, non a caso, dall’ambito educativo. Scopo dell’azione educativa dei genitori è assicurare al figlio tutto ciò che gli è necessario perché diventi un uomo. Ai loro, infatti, non interessa che faccia una cosa o ne faccia un’altra, ancor meno che faccia quello che hanno pensato per lui, ma che, qualunque cosa scelga di fare, dimostri una maturità che gli permetta di non sciupare la vita. Perché la vita, e non le cose della vita, è il bene prezioso che va assolutamente salvato.

Per raggiungere il loro scopo, dosano saggiamente presenza e assenza; certamente non abbandonano il figlio, ma nemmeno lo soffocano con un presenzialismo asfissiante. Anzi, la relativa solitudine nella quale, a volte, lo lasciano, contribuisce a disegnare i contorni pieni del loro amore. In molti casi vorrebbero intervenire, ma non lo fanno perché, nel caso intervenissero, vanificherebbero la loro opera di educatori. Si negano a causa dell’amore, che vuole il bene dell’altro e non il proprio. «A un retto discernimento – scrive Isacco di Ninive  – l’attività dell’amore autentico si rivela essere duplice: per mezzo di eventi gioiosi e per mezzo di eventi che fanno soffrire.

Cioè [l’amore] è sempre teso a far piacere al suo amato, ma a volte lo fa anche soffrire perché lo ama molto. Però soffre insieme a lui. E mentre fa soffrire, resiste anche alla naturale misericordia che si agita [in esso], per timore della perdita che potrebbe seguire. L’amore, infatti, costringe a compartecipare; la conoscenza, invece, forza a resistere anche a questo. Insieme alle diversità di elezioni vi sono anche varie forme di amore sapiente adatte a coloro che ne sono i destinatari.

Non cercare da un amante sapiente un amore insipido. Chi uccide suo figlio nutrendolo di miele, non è diverso da chi lo uccide con il coltello. Alla sapienza [di Dio] non sembra, infatti, bene nutrire il suo amato allo stesso modo, nei tempi di salute come in quelli di malattia».

L’incarico ricevuto dal servo, lo impegna in due direzioni: nei confronti del padrone che è partito e nei confronti della casa che gli è stata affidata. Per quanto riguarda la casa, il servo cui è stata affidata l’amministrazione (Mt 24,45 ss) è lasciato totalmente a sé stesso. Il padrone gli ha dato soltanto un mandato generale: far funzionare ogni cosa in modo che tutto proceda per il meglio, così, al suo ritorno, potrà rallegrarsi di essere di nuovo a casa sua. Quando si tratta di denaro (Mt 25,14 ss), il padrone vuole persino trovare accresciuto il suo patrimonio.

La pedagogia messa in atto dal padrone è chiara: l’assenza è la tappa necessaria perché si sviluppi la libertà autentica, fatta di fedeltà nell’autonomia. Il padrone si assenta perché colui che in sua presenza sarebbe stato soltanto un esecutore possa diventare un collaboratore e poi un commensale invitato a condividere la sua gioia: “Prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

padre Massimo Casaro, direttore del Centro missionario della diocesi di Novara