La riflessione della 2° domenica di Avvento
“Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio – Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta”.
Così inizia il brano di Isaia che si ascolta in questa II domenica di Avvento. Parole di speranza che risuonano in un contesto attuale difficile, di guerra, odio e violenza.
C’è bisogno di tanta consolazione, di ritrovare fiducia in un mondo lacerato da una “terza guerra mondiale a pezzi”.
Ma anche le nostre comunità sono segnate dalla fragilità, dalla sofferenza e dalla malattia e sempre più deve crescere un ministero della consolazione capace di prendersi cura di tanti malcapitati che faticano ad accettare la loro situazione e a darne un senso.
L’attesa verso il Natale si preannuncia come speranza di consolazione, perché questo mondo non sa dare risposte al bisogno dell’uomo, anzi lo schiaccia dentro il suo egoismo e lo rende sempre più impotente e sempre più disperato.
La consolazione ci apre ad una relazione vera, alla capacità di “portare i pesi gli uni degli altri” (Gal 6, 2), al riconoscimento dell’altro come un fratello, amato e salvato come me dalla croce di Cristo.
Questa “fraternità universale”, così come la intendeva e l’ha vissuta Charles de Foucauld, è la sola scelta profetica che ci fa guardare all’altro non con gli occhi del sospetto o della contrapposizione, ma con il cuore della carità e del dono.
Abbiamo tutti noi un vicino di casa, un parente o un amico che versa in difficoltà, che attende una parola buona, un momento di ascolto o anche un aiuto concreto; consolazione è non girarsi dall’altra parte, facendo il primo passo che spesso ci costa ma che assomiglia tanto a quella gratuità del samaritano che diventa buono perché sa essere caritatevole e solidale sulla strada che lo sta conducendo da Gerusalemme a Gerico.
“Ecco il vostro Dio!… Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”.
Così conclude Isaia: parole di grande consolazione, tratteggiando un Dio che come buon pastore si cura di ogni agnellino, lo porta al suo petto mentre ogni pecora madre viene indirizzata sulla giusta via. E noi sappiamo che quella via è quella della giustizia, della verità e della pace.
don Giorgio Borroni, direttore di Caritas diocesana novarese