Lo scorso 3 giugno, nel Santuario di Boca, il vescovo Franco Giulio ha presieduto la celebrazione conclusiava della Route dei giovani 2023, ultimo appuntamento diocesano prima della partenza per la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona. All’appuntamento hanno partecipato anche le famiglie che hanno preso parte all’Incontro diocesano di Briona e un gruppo di catechisti che ha seguito il laboratorio “A Caccia di aureole”.
Di seguito il testo integrale della sua omelia, con le parole che il vescovo ha rivolto a giovani, famiglie e catechisti.
Dritti al Cuore: iniziamo in modo nuovo!
Route diocesana dei Giovani 2023 verso la GMG
Un caro saluto e un abbraccio a tutti e a ciascuno di voi per questa ormai tradizionale Route. Purtroppo, quest’anno, è stata un po’ sacrificata a causa del maltempo. Fortunatamente il paesaggio che ci circonda è bello, salubre e rigoglioso e così ci ha concesso un giorno di pace, per guardarci dentro, incontrare gli altri, respirare un po’ insieme.
Dritti al Cuore: iniziamo in modo nuovo!
Route diocesana dei Giovani 2023 verso la GMG
03-06-2023
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Sono presenti gli adolescenti e i giovani che hanno fatto la Route, il gruppo dei catechisti e il gruppo delle famiglie che hanno partecipato all’Incontro diocesano a Briona. Questo convergere è bello e significativo, tutti insieme. Così farò anche con il mio movimento di famiglie con figli disabili, invitando, oltre ad esse, un gruppo di giovani che non soltanto si prendano cura dei disabili per intrattenerli, ma che essi stessi riflettano e possa così ricomporsi l’unità della vita umana, com’è nel mondo e nella realtà.
La preghiera colletta, che ho recitato all’inizio della messa, diceva:
“Padre, fedele e misericordioso,
che ci hai rivelato il mistero della tua vita…”.
Come è possibile accogliere il mistero della vita di Dio? Rivelare significa “comunicare”, allora come si riceve il suo Mistero santo? Come ce lo immaginiamo? Sarebbe bello che una volta, avendo il tempo, ognuno di noi potesse scrivere su un foglio la sua risposta! Siamo forse come Agostino che in riva al mare vide un bambino che cercava di far stare in una piccola buca tutta l’acqua del mare? Oppure, come lo immaginavo io da ragazzo, quando con gli amici andavo in una frazione del mio paese, dove v’era una sorgente d’acqua viva, e giocavamo a interromperne il corso introducendo le dita nella polla dell’acqua, anche se l’acqua risgorgava fresca e zampillante solo quando mettevamo sotto la sorgente il palmo concavo della mano? Abbiamo bisogno di una mano concava per accogliere e non una mano prensile per catturare il mistero di Dio e la sorgente della vita… Solo così è possibile accogliere l’inesauribilità del mistero di Dio. Siamo alla vigilia della festa della Santissima Trinità, celebrazione che in sé riassume e compendia tutti i misteri della vita del Signore (l’Incarnazione, la Natività, la Pasqua, la Pentecoste). Il mistero di Dio è come la sorgente che fa rinascere, che rinfresca e che si può accogliere solo con una mano concava.
Allora suggerisco due parole: una rivolta soprattutto a voi giovani e che commenta la frase riportata sul vostro fascicolo: “Dritti al cuore”; l’altra la rivolgerò ai catechisti e alle famiglie.
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Dritti al cuore
Cosa significa “Dritti al cuore”? Come può essere descritto il mistero della vita intima e profonda di Dio, che molti identificano con il “mistero dell’amore”, parola oggi troppo abusata e difficile da descrivere in modo corretto, perché ognuno la interpreta a modo suo? Allora chiederò meglio: dove si trova il mistero di Dio? Dove possiamo riconoscerlo? La risposta che ci viene data è “nel cuore”. In tutte le lingue, il cuore non è solo la sede dei sentimenti, ma è anche la sede del sapere; il cuore sussulta quando ci capita di vedere qualcosa di bello.
La prima lettura che abbiamo ascoltato, e su cui avete riflettuto stamattina, è un brano a cui sono molto affezionato fin da quando ero giovane. Ve lo riconsegno come regalo per questa estate, soprattutto per chi andrà alla GMG.
“Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile…” (1Re 3,7-9a)
Cuore docile è anche tradotto come un cuore capace di ascoltare; un cuore che nel suo pulsare è capace lasciarsi colpire, quasi un cuore vulnerabile, che si emoziona, che si commuove; un cuore non oppresso, ma ancora palpitante. Un cuore capace di ascolto, plastico, docile, duttile. Il nostro cuore è così o, ahimè, lo abbiamo già un po’ ispessito e sclerotizzato?! Se facessero la nostra cardiodiagnosi, cosa ne risulterebbe? Un po’ di fibrillazione per qualche bella emozione o per qualche indurimento?! Oppure il nostro è un cuore che tiene bene il ritmo della vita?
“Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?»”. (1 Re 3,9)
Naturalmente il giovane re è consapevole che regnare è difficile. Ricordiamo il famoso brano delle due madri che protestano entrambe la maternità dello stesso bambino (cfr. 1Re 3,16-28): Salomone che vuole restituire il bimbo alla madre vera, con un segno molto forte, brandisce la spada e minaccia di dividere in due il bambino per darne una metà a ciascuna delle madri pretendenti. E così la vera madre, piuttosto di veder ucciso il proprio figlio, è disposta a cederlo all’altra, purché resti in vita. In tal modo il giudizio di Salomone diventa inequivocabile.
Ecco il re sapiente, il giudice che ha il cuore docile, il re che è capace di far palpitare la vita. Abbiamo noi un cuore così? Il testo, tuttavia, aggiunge anche una cosa sorprendente:
“Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa” (1Re 3,10).
Vale a dire, Salomone chiese un cuore che ascolta, un cuore duttile, un cuore plastico, un cuore palpitante, un cuore docile. E poi prosegue:
“Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole”. (1Re 3,11-12a)
Salomone non ha domandato né una lunga vita, né la vittoria sugli altri, ma la sapienza e il discernimento nel giudicare. Il segreto per avere un cuore docile è quello di non chiedere soltanto beni umani, o di farlo per tornaconto o per vantaggi personali. Vi invito a verificare anche per la vostra vita quali siano i vostri autentici desideri e per saperlo, stasera andando a casa, guardatevi attorno nella vostra camera. Pensate che ho fatto una cosa simile in questo anno, visitando le case dei sacerdoti, dedicando loro un’ora ciascuno. Ho osservato la loro casa come se fosse lo specchio dei loro desideri, delle loro passioni e ancor di più della loro anima. Il Signore ci concede un cuore docile, se anche noi non domandiamo ricchezze, vittorie sugli altri, né lunghi giorni, perché solo in tal modo il cuore diventa leggero, sciolto e duttile.
Chi andrà a Lisbona, chi starà a casa a fare il Grest, gli altri amici che andranno in missione, chiedano tutti un cuore docile, un cuore sapiente! Paradossalmente, se in tutta la vostra vita vi ricordaste anche solo di questa frase, che poi è un’invocazione, il vostro cammino sarebbe già diverso. In prima teologia – siamo nel lontano 1970 – questo testo mi colpì molto, oggi lo rendo a voi come mia personale testimonianza. Mi toccò molto, perché si può tradurre anche come un cuore “capace di ascolto”, un “cuore risonante”.
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“Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”
Ora dico una parola ai catechisti e ai genitori. Questa liturgia è già quella della Domenica della Trinità, come dicevamo, e il versetto dell’alleluia ci ha fatto dire la preghiera più classica di lode alla Trinità:
“Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo,
a Dio, che è, che era e che viene”.
Sarebbe meglio forse evocare la Santissima Trinità facendo il segno della Croce, come spero si faccia ancor all’inizio di ogni giornata, persino quando siamo ancora assonnati, mentre cerchiamo di destarci al nuovo giorno:
“Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”
Nel nome del Padre che è la sorgente inesauribile della mia vita. Se il Padre è la sorgente inesauribile della vita, non potrà farci destare dal sonno senza grinta, senza l’energia necessaria. Se devo vivere una situazione difficile? L’affronterò. Se ho un cruccio con un mio amico, una mia amica? Mi preoccuperò di arrivare a una soluzione in sincerità.
Nel nome del Figlio che traccia davanti a noi la via. Per andare a Dio ed entrare in noi stessi. Abbiamo ascoltato qual è il messaggio del Vangelo: Gesù non viene per condannarci, ma per farci vivere la vita in pienezza (cfr. Gv 3, 16-18). Potremo dire anche noi che la nostra vita è vissuta in pienezza? È una vita contagiosa, perché diffonde cose belle; una vita incoraggiante, perché capace di far crescere; una vita che non si affida totalmente ad un profilo o a una vetrina social, perché tiene qualche cosa nel proprio cuore? Sappiate tenere qualcosa anche per voi, un pensiero e un progetto riservato, da rivelare solo al momento giusto, in modo che qualcuno lo possa e lo debba scoprire. Vedete bene che lo stesso mistero di Dio non si può catturare, ma solo accogliere. I social rivelano solo l’esterno, ciò che è intimo e sta dentro non si vede. Infatti, il cuore non si vede. Gesù invece rivela il cuore.
Un buon catechista insegna questo. Tutte le parole del catechismo potrebbero essere riassunte nell’insegnare il segno della Croce e il suo significato.
Nel nome del Padre che ci ha generati.
Nel nome del Figlio che ci dona la via.
Nel nome dello Spirito che è l’atmosfera in cui viviamo.
Nel nome dello Spirito: per comprendere quest’ultima parte del segno della Croce, consideriamo ora il testo della lettura di san Paolo. Ci viene presentata la fine della Seconda lettera ai Corinzi che dice:
“La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”. (2Cor 13,13)
È un saluto che è entrato anche nella liturgia ma, insieme ai versetti che lo precedono, ci rivela l’atmosfera, la temperatura della casa, della vita e delle relazioni dei primi cristiani. Ascoltiamo i versetti che vengono prima:
Siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano. (2Cor 13,11-12)
È veramente una specie di “istantanea” della vita dei primi cristiani. Così si conclude la lettera e si ricordano i sentimenti dei primi cristiani. Questo crea il dono dello Spirito.
Nel nome del Padre che ci ha generati.
Nel nome del Figlio che è la via per raggiungere il suo mistero di amore
Nel nome dello Spirito che l’atmosfera, nella quale noi cresciamo.
Abbiamo davanti l’estate e ci auguriamo che sia un tempo bello nel quale possiamo fare molte cose. Vorrei concludere chiedendovi di fare il calcolo mentale di come abbiamo vissuto questi anni, 2020-2023. Sono stati anni molto molto difficili. Le statistiche dicono che in questi tre anni tanti ragazzi, molti adolescenti e anche molti giovani hanno sofferto tanto. Non abbiate paura di portare alla parola questa situazione che avete vissuto, di raccontarla agli altri, per guarire le ferite, le paure, le rabbie, i lutti e le speranze deluse. Ora, però, il vostro vescovo vi rivolge una parola sola: dobbiamo iniziare in modo nuovo! È quasi come se fosse finita una guerra. Certo noi speriamo e preghiamo perché finisca quella che si consuma alle nostre porte. Dopo la pandemia e la guerra, non si dovrà tornare come prima, ma iniziare di nuovo, ripartire in modo nuovo.
È il mio augurio: iniziamo di nuovo e come nuovi! Ci rivedremo a settembre, ma iniziamo di nuovo. Il decennio che va dal 2020 al 2030, è iniziato realmente solo in questo anno. È nelle vostre mani, fate cose belle nei Grest, a Lisbona, in missione o in ogni altro luogo in cui trascorrerete questo tempo, perché il prossimo dovrà essere un anno nuovo!
+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara