Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell’omelia nella celebrazione del Venerdì Santo che il vescovo Franco Giulio ha presieduto nella cattedrale di Novara venerdì 15 aprile.
Il giovane nudo
Omelia nel Venerdì Santo
Mc 1443E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. 44Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». 45Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. 46Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. 47Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. 48Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. 49Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!».
50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.
Il Venerdì Santo la liturgia romana fa proclamare sempre il grande racconto della passione secondo Giovanni. C’è però un episodio che si trova solo nel vangelo di Marco che mi ha sempre incuriosito e che quest’anno voglio commentare. La breve apparizione di un giovane nudo. La sua posizione nel racconto di Marco fa da transizione dopo la prima metà della passione, composta da cinque scene, che culmina con l’arresto di Gesù (Mc 14, 43-49): è la sezione del racconto che avviene nella cerchia intima degli amici. Con la cattura di Gesù inizia la seconda parte della passione: la vicenda è proiettata sullo scenario della grande storia, perché egli è consegnato nelle mani dei suoi oppositori. Sulla soglia di passaggio tra le due parti della passione si trova, dunque, questa notizia, inattesa e misteriosa. È un aneddoto così strano che è difficilmente attribuibile solo alla fantasia dell’evangelista. Anzi Marco sembra mettere in scena una figura con cui pone la firma sugli avvenimenti narrati.
Ascoltiamo il brevissimo flash del racconto, che vi traduco sul testo originale:
50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51Un giovane però cercava di seguirlo, avvolto in un lenzuolo sul [corpo] nudo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via [tutto] nudo.
Se riflettiamo sul senso dell’episodio nel suo contesto, esso rappresenta uno stacco, che introduce una frenata rispetto al cattivo esempio dei discepoli che, abbandonando Gesù, si danno tutti alla fuga. Questo misterioso giovane è l’unico che non molla, che “cercava (imperfetto) di seguire insieme” (sunakoloutheîn), come intendeva fare poco prima Pietro che voleva “morire con te [Gesù]” (sunapothaneîn, Mc 14,31). Quando tutti sono scappati, compare questo ragazzo che si intrufola tra la masnada dei soldati, e che vuol seguire ad ogni costo Gesù, nonostante la vigliaccheria generale, rivestito di un lenzuolo di fortuna sul corpo nudo. Egli sembra quasi proporsi come esempio per i nuovi cristiani che ascoltano il racconto nella notte di Pasqua. Chi è questo giovane? Sono state date tre interpretazioni, che tuttavia non si escludono: la prima identifica il giovane nudo con lo stesso evangelista Marco, la seconda lo interpreta come simbolo di Gesù che sfugge alla morte, la terza lo considera come figura esemplare del cristiano “iniziato” attraverso il battesimo.
Il giovane nudo
Omelia nel Venerdì Santo
15-04-2022
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Anzitutto, la spiegazione autobiografica. Molti commentatori, preoccupati della storicità della breve notizia, hanno identificato il giovane con l’evangelista Marco, che così esprime la volontà di seguire Gesù ad ogni costo. Egli era di certo presente alla festa di Pasqua a Gerusalemme, per qualcuno era figlio del “padrone di casa” (Mc 14,14) e il podere del Getsemani apparteneva a sua madre, Maria (At 12,12). Al seguito di Gregorio Magno, molti autori antichi e medievali hanno attribuito un tenore autobiografico all’episodio. Il giovane nudo non sarebbe nient’altro che Marco, il quale offre la garanzia di non essersi tirato indietro nel momento supremo, perché desideroso di seguire fino all’ultimo il Maestro. Anzi l’evangelista cerca di seguire Gesù, sulla scia della figura di Pietro che voleva “morire con Gesù” (Mc 14,31), e che “da lontano” cercherà ancora di seguire il Signore pochi versetti dopo (Mc 14,54: «Pietro lo aveva seguito da lontano»). Questa prima spiegazione ci presenterebbe la figura del giovane Marco al culmine del vangelo, con cui l’autore si accredita come discepolo di Pietro, il primo degli apostoli.
In secondo luogo, l’interpretazione cristologica. Questa lettura si fonda sulla corrispondenza tra l’episodio del giovane nudo, la ripresa del termine “sindone” alla sepoltura di Gesù e l’apparizione del giovane araldo il mattino di Pasqua. Nel nostro racconto i termini decisivi sono “giovane” (neanískos), “avvolto” (periblememénos) e “lenzuolo” (sindôn). Il termine “sindone” ritorna più avanti in Mc 15,46: «Allora, comprato un lenzuolo [sindóna, acc.], [Giuseppe d’Arimatea] lo depose [dalla croce], lo avvolse nel lenzuolo [sindóni, dat.] e lo mise in un sepolcro che era scavato nella roccia». Marco, infatti, usa la parola “sindone” solo quattro volte in tutto il vangelo: due qui nel nostro testo di Mc 14,51-52, dove indica il lenzuolo indossato dal giovane nudo, e due volte in Mc 15,46 dove funge da lenzuolo funebre in cui è avvolto il corpo morto di Gesù. La terza volta il giovane riappare avvolto invece in una veste candida: «Entrate nel sepolcro, videro un giovane (neanískon), seduto sulla destra, avvolto (peribebleménon) d’una veste bianca (stolén leukén), ed ebbero paura. […] Esse uscirono e fuggirono dal sepolcro, perché avevano tremore e stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite» (Mc 16,5.8). Anche qui presso il sepolcro vuoto c’è un giovane, seduto alla destra, avvolto in una vesta luminosa, mentre poi le donne fuggono. Il giovane nudo della passione sarebbe il simbolo di Gesù, che sfugge alla cattura, viene avvolto nel sepolcro con una sindone, e rinasce con i tratti del Risorto, seduto alla destra, avvolto in una veste bianca, mentre proclama il messaggio della risurrezione. Il giovane del capitolo 16 all’origine sarebbe stato lo stesso Gesù risorto, trasformato in seguito dalla tradizione evangelica in un araldo che annuncia il kérygma della risurrezione («È risorto, non è qui!» Mc 16,6).
In terzo luogo, la lettura iniziatica, che considera il giovane nudo come figura esemplare del cristiano “iniziato” attraverso il battesimo. Questa interpretazione non esclude le altre due, ma forse è la più inclusiva, perché immagina che il racconto della passione debba essere letto per intero nella notte di Pasqua (B. Standaert afferma addirittura che il vangelo di Marco si leggesse per intero durante la veglia, in presenza di coloro che ricevevano l’iniziazione alla fede nel battesimo). Infatti, il termine giovane (neanískos) indicava colui che doveva ricevere l’iniziazione, con la strana indicazione che era “avvolto in una lenzuolo/drappo sul (corpo) nudo”. Non si precisa nulla di più, anche se il giovane, da un lato, sembra determinato nella sua volontà di seguire Gesù, mentre, dall’altro, è vestito con un indumento di fortuna, non proprio per iniziare un cammino. Il participio “avvolto/rivestito” (peribebleménos) ricorre solo qui ed è ripetuto per l’altro giovane davanti al sepolcro vuoto, che però non è ricoperto da un lenzuolo (sindôn), ma da una vesta candida (stolé leuké). Non si può non rimanere colpiti dal ripetersi dei termini “giovane” e “rivestito”. Ora, mentre nel primo caso il capo di abbigliamento è curioso, nel secondo si tratta di un vestito prezioso, persino di festa, come le “vesti bianche” dei cristiani martiri dell’Apocalisse (Apc 6,11, 7,9.13.14; 22,14). Per giunta il “lenzuolo” del nostro episodio, come abbiamo visto, è anche quello con cui Giuseppe di Arimatea avvolge il corpo nudo di Gesù.
Questi tre racconti sono intrecciati: “giovane”, “rivestito”, “lenzuolo”, “veste bianca”, “corpo nudo” sono collegati col verbo “seguire”. Mentre tutti sono fuggiti, il “giovane nudo” è presentato come specchio per il lettore del Vangelo. È abbastanza facile leggere questi tre testi in un contesto iniziatico e battesimale: forse il giovane vestito del solo lenzuolo sul corpo nudo rappresenta un catecumeno che vuole seguire Gesù, descritto nel momento prima di entrare nelle acque del battesimo. È il neofita delle comunità di Marco, che entra nell’acqua privo di vestito – la nudità e l’immersione nell’acqua simboleggiavano il morire con Gesù – per risuscitare con Lui. È bella l’identificazione del giovane nudo che viene afferrato e arrestato, esattamente come Gesù (stesso verbo che per la “cattura” di Gesù, Mc 14,46), anche se egli riesce a fuggire, per ripresentarsi al mattino di Pasqua, come lo stesso Gesù sfugge al sepolcro per risuscitare a vita nuova.
È un momento commovente: se mi specchio in questo giovane, anch’io abbandono il “lenzuolo” della vita vecchia: è l’ultimo gesto che fa il neofita prima di entrare nelle acque del battesimo! Per un momento il suo cammino sembra lo stesso di Gesù, il quale dopo la sua morte è avvolto nello stesso “lenzuolo” per essere deposto nella tomba. Anche il discepolo deve prepararsi a “morire con Lui”, ad essere sepolto insieme, per uscire dal sepolcro con Lui, rivestito di una “veste bianca”, segno della novità della vita cristiana, come avveniva per i battezzati che si rivestivano di un vestito bianco (stolé leuké), partecipando alla liturgia della settimana in albis (con le vesti bianche). Così dovevano identificarsi con il giovane araldo del mattino di Pasqua, che proclama: «È risorto, non è qui!». E potevano “sedere alla destra”, partecipando alla vita gloriosa del Padre. Ecco cosa abbiamo scoperto, specchiandoci nel giovane nudo!
Domani, nel giorno del Sabato Santo, veniamo qui in Cattedrale a pregare davanti alla croce di Gesù. Prima però passiamo dal nostro antichissimo Battistero (secolo IV): di fronte vedrete una porta murata. Immaginate che da lì esca il giovane rivestito di un lenzuolo, che entri nudo nella vasca battesimale: il mondo di prima, il suo modo di vivacchiare, lo stile della vita vecchia cerca di “afferrarlo” e possederlo, ma egli immergendosi con e come Gesù nell’acqua e nello Spirito, fugge nudo alla presa del mondo di prima, cioè muore all’uomo vecchio, per rinascere con Gesù alla vita nuova. Continuate ad osservare: sulla destra, il giovane ancora nudo, viene rivestito della veste bianca, viene unto con il sacro Crisma! Ora uscite dal Battistero, incamminatevi verso la porta grande del Duomo, il portale più alto d’Europa, e percorrete la navata centrale. Sentirete nel vostro cuore il canto dell’Halleluja e il giovane araldo, rivestito di una “stola candida”, proclamerà con voi: “E risorto, non è qui! Le cose vecchie sono passate e sono nate cose nuove!”.
+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara