La donna adultera… nelle difficoltà di coppia, riannodare i fili

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Accettare che nella vita di coppia possano esserci momenti di difficoltà, comprendere che per affrontarli non serve cercare colpevoli, ma smonatere i meccanismi che li hanno generati. E’ il suggerimento, la proposta fatta quasi come farebbe un amico con più anni sulle spalle dal vescovo Franco Giulio Brambilla ai fidanzati, nell’omelia della messa all’incontro diocesano che si è tenuto la scorsa domenica. (A questo link, il testo integrale dell’intervento che aveva tenuto nel pomeriggio; A questo link, la galleria fotografica con gli scatti della giornata)

«Nel cammino della vita familiare ci sono anche giorni di fatica, ci sono momenti di infedeltà, ci sono gesti che feriscono. O, talvolta, vi sono momenti in cui i due percorsi degli sposi hanno una velocità diversa e che quindi configurano quasi la percezione di una distanza» ha detto il vescovo commentando il Vangelo letto nella celebrazione, quello di Gesù e l’adultera. Leggendo il brano, la tentazione degli scribi è «di trovare chi sia il colpevole», senza guardarsi dentro, senza immaginare che nessuno «è senza peccato».


La donna adultera…
Omelia nella messa per l’incontro diocesano dei fidanzati
07-04-2019
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Per il vescovo, l’analisi e la meditazione del brano mostra come «Gesù non intenda confondere il bene e il male, ma nella pratica dice che il male può essere tolto solo smontando il meccanismo che lo procura, solo portando sulle spalle l’aggressività che attraversa il male, solo ricucendo i fili che una relazione infranta – un malinteso o una sbandata – possono aver interrotti». Le infedeltà, le ferite sono quindi, come discorsi interrotti, come fili che vanno riannodati. Non sentendosi soli: «Non dovete avere paura quando succede qualsiasi evento  veramente spiacevole nella vita a due. La prima cosa è che non bisogna andare in panico; poi non bisogna chiudersi solo nel rapporto a due; infine bisogna cercare un aiuto presso chi ci sta intorno. Se non c’è nessuno che ci dà una mano, vi dico: “io ci sono!” Dopo trent’anni di corsi fidanzati ho visto ritornare delle coppie che io avevo seguito a chiedere aiuto. Si erano ricordate di questa disponibilità…

Di seguito il testo integrale dell’omelia.


La donna adultera…

Omelia nella messa per l’incontro diocesano dei fidanzati

La storia di questo episodio evangelico così famoso e così scioccante è piuttosto strana, perché la vicenda di questo brano del capitolo VIII del Vangelo di Giovanni è stata piuttosto tormentata. L’episodio non si trova nei manoscritti più antichi e autorevoli, e, quando compare, si colloca anche in altri contesti e non solo del vangelo di Giovanni. Pur se attestato fin dal II° secolo, questo brano sembra più appartenere alla tradizione sinottica, proveniente dalla tradizione orale, anche se è considerato ispirato e canonico. Tuttavia paradossalmente è proprio questo episodio che contiene meglio il senso del Vangelo di Gesù. Un tempo questo testo esigeva molta più spiegazione, perché non avevamo il confronto con altre culture che hanno mantenuto questo barbaro costume della lapidazione, a fronte di un adulterio colto in flagranza. Negli ultimi vent’anni avete sentito – voi che siete più giovani – che questa consuetudine è arrivata fino ai nostri giorni…

L’episodio dell’adultera mette in luce anche un aspetto che questo pomeriggio volutamente non ho trattato: nel cammino della vita familiare ci sono anche giorni di fatica, ci sono momenti di infedeltà, ci sono gesti che feriscono. O, talvolta, vi sono momenti in cui i due percorsi degli sposi hanno una velocità diversa e che quindi configurano quasi la percezione di una distanza. L’altro non segue o io mi sento troppo avanti o indietro. Ci sono alcuni momenti della vita connotati da alti e bassi: di fronte a questi momenti il nostro ideale si sfuoca o, meglio, la nostra vita reale non corrisponde alla nostra proiezione ideale. Andiamo in panico, perché tutti noi abbiamo una proiezione ideale, un sogno, un progetto, un modo di intendere la vita a due, come peraltro succede nella vita professionale. Tutti i momenti che hanno a che fare con la vita dell’uomo manifestano questo funzionamento profondo. Se il sogno rimane frustrato, allora noi riteniamo che la relazione sia finita, che il progetto sia fallito.

La tentazione è di trovare chi sia il colpevole. «Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: “Maestro questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosé, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”» (Gv 8,3-4). Barbaro costume che perdura fino ai nostri giorni, così barbaro da esprimere un’esclusione sociale drammatica e violenta. L’evangelista commenta che: «Dicevano questo per metterlo alla prova per avere motivo di accusarlo» (Gv 8,6). Ma dove sta esattamente la prova? Spesso quando a Gesù viene posto un problema che riguarda la Legge, l’insidia non sta nella domanda, ma nel suo sottinteso. Gesù avrebbe potuto affermare di opporsi al comando della Legge. Così Gesù ha avanzato spesso un’autorità che è superiore persino alla Legge: «Avete inteso che fu detto…, ma io vi dico…» (Mt 5, 22.28.32); oppure, per quanto riguarda il famoso detto sul divorzio, Gesù dice. «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così.» (Mt 19,8). Gesù vanta così un’autorità superiore alla Legge.

Il testo continua: «Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra…» (Gv 8,6b). Sapete che Gesù non ha mai scritto una parola in vita sua. Tutte le sue parole sono ricordate nella memoria dei suoi discepoli. L’unica scrittura ricordata si trova in questo episodio, ma non sappiamo che cosa Gesù abbia scritto. Nel testo non si dice che cosa Gesù abbia scritto per terra… Di fronte alla loro insistenza, Gesù si alza e dice loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7). Gesù ci pone una domanda sconvolgente sulla nostra assenza di colpa: nessuno di noi ha una mano così limpida, da poter gettare per primo la pietra perché, se anche oggi avesse la mano pura, può darsi che domani anche a noi capiti di violare la relazione con l’altro. Gesù allora ci mette in guardia dall’esprimere un giudizio che uccide. Anche di fronte al male grave, quale poteva essere considerato il peccato di adulterio, non bisogna giudicare fino ad uccidere l’altro!

Il testo soggiunge: «E chinatosi di nuovo, scriveva per terra» (Gv 8,8). È bello che Gesù riprenda a scrivere, perché la sua domanda sconvolgente si colloca tra due scritture per terra. È una domanda che ha quasi bisogno che Lui scriva per terra, magari – suggerisce qualcuno – prevedendo ciò che noi abbiamo fatto, ciò che noi siamo o ciò che noi potremmo fare. Allora questo brano diventa un motivo di grande consolazione. Chi percepisce questo, non può più alzare la propria mano, per risolvere la questione della colpa in modo frettoloso. Questa è una delle caratteristiche di Gesù. Sovente faccio notare che Giovanni Battista prevede che il bene e il male siano radicalmente separati. Gesù non intende confondere il bene e il male, ma nella pratica dice che il male può essere tolto solo smontando il meccanismo che lo procura, solo portando sulle spalle l’aggressività che attraversa il male, solo ricucendo i fili che una relazione infranta – un malinteso o una sbandata – possono aver interrotti.

Al funerale della madre Anna Maria Canopi, sull’isola di San Giulio, avevo letto un testo che riguardava appunto il fatto che ricucire le nostre relazioni, quando sono infrante o violate, è come ricucire insieme tutti i fili di un tessuto pregiato e prezioso. Bisogna prima ricostruire l’ordito e la trama, e poi sopra ritessere tutti i fili d’oro e i vari colori… Mentre nell’omelia rileggevo questo testo, tutte le altre monache sorridevano, perché il loro mestiere consiste nel fare questo… Ed esse sapevano quanta fatica costasse un simile lavoro. Noi pensiamo che la colpa possa essere risolta con un tocco di bacchetta magica, oppure asportando semplicemente il male. Ora se il male è grave va anche asportato, ma dopo, quando si asporta il male, sapete quanto tempo è necessario per ritornare alla vita sana. Questa è una grande speranza.

L’ultima cosa che mi mancava di dire a voi giovani coppie questo pomeriggio l’ho tenuta apposta per questo momento: non dovete avere paura quando succede qualsiasi evento  veramente spiacevole nella vita a due. La prima cosa è che non bisogna andare in panico; poi non bisogna chiudersi solo nel rapporto a due; infine bisogna cercare un aiuto presso chi ci sta intorno. Se non c’è nessuno che ci dà una mano, vi dico: “io ci sono!” Dopo trent’anni di corsi fidanzati ho visto ritornare delle coppie che io avevo seguito a chiedere aiuto. Si erano ricordate di questa disponibilità…

+ Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara